«A Palermo siamo poco più d’una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili, purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà». Così il superpoliziotto siciliano, Beppe Montana – dirigente della sezione Catturandi della Squadra Mobile di Palermo, ucciso da Cosa nostra 28 anni fa – parlava con i cronisti subito dopo l’uccisione del magistrato Rocco Chinnici, nella strage del 29 luglio 1983.
Prima destinato alla sezione investigativa, Beppe Montana, aveva conosciuto e lavorato con il commissario Ninni Cassarà, e dal giugno 1984 era alla direzione della sezione “catturandi”. Con il suo arrivo l’attività quotidiana della sezione si incrementò, cambio’ ritmi e ottenne subito numerosi risultati. Le indagini spesso, raccontano i colleghi dell’epoca, venivano portate avanti anche oltre l’orario di lavoro, talvolta gli appostamenti erano realizzati con macchine private e anche durante i giorni di riposo. La storia della catturandi e dei commissari di polizia come Montana e’ soprattutto la storia di una battaglia contro le mafie portata avanti con poche risorse ma in prima persona.
Nel 1985, qualche giorno dopo il delitto Montana, venne ucciso anche il suo capo, Ninni Cassarà, insieme all’agente Roberto Antiochia. “Investigatore tenace e deciso – lo ricorda il presidente del Senato Pietro Grasso – amico e stretto collaboratore del vice questore Antonino Ninni Cassarà, aveva diretto le operazioni che avevano portato agli arresti di molti boss mafiosi, comprendendo prima di altri che nessuno dei ricercati era lontano dal proprio quartiere, dai propri famigliari. Proprio per una violenta vendetta mafiosa è stato ucciso”. “Beppe Montana – continua Grasso – era mosso dalla volontà di preservare dalla violenza criminale il nostro futuro, il futuro dei nostri figli. Ma il suo sacrificio, come quello di tanti altri, non è stato vano. Ha arricchito le nostre coscienze ed ha contribuito in maniera decisiva alla diffusione della cultura della giustizia e della lotta al fenomeno mafioso. A tutti noi spetta il compito di investire le nostre migliori energie per proseguire questo cammino comune per la legalità”.
In memoria di Beppe Montana, di Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, il 6 agosto prossimo verrà deposta una corona di fiori sulla lapide che ne ricorda il sacrificio. Al raduno nazionale dei giovani di Libera che si chiude oggi a Marsala, un pensiero vola al loro impegno e sacrificio. La loro storia e’ stata raccontata agli oltre 250 giovani presenti da Alessandro Antiochia, fratello di Roberto, che ha spiegato la tensione e la solitudine in cui lavorarono investigatori e magistrati in quei terribili anni ’80 in Sicilia.



