Anche i bambini al tavolo della pace

Bambini pace

Ai tavoli delle trattative di pace con tutti i potenti del mondo manca sempre l’unica voce che vuole davvero la pace, quella dei bambini, di quelli russi e ucraini, israeliani e palestinesi. Gli unici che davvero vogliono la pace, ma che non sono mai rappresentati da nessuno.

I bambini nascono empatici come dimostrano numerosi e recenti studi, già a cinque giorni di vita i neonati preferiscono i comportamenti  “buoni” e riconoscono i comportamenti prosociali.

Ma la propensione alla socialità si osserva già durante la gestazione. I gemelli interagiscono fra di loro fin dalla quattordicesima settimana di gestazione con gesti non casuali, ma intenzionali e simili a quelli degli adulti, e sono gesti come carezze, ben diversi dai gesti che fanno verso la barriera uterina, dove sanno che non c’e il gemello e quindi i loro gesti non fanno danni.

Ecco perché al tavolo delle trattative serve la voce dei bambini, per loro non esiste la parola guerra.

D’altronde chi governa un paese dovrebbe fare anche gli interessi dei bambini, e dovrebbe governare proprio pensando al loro futuro e al loro benessere. Governi che investono in politiche per l’infanzia che vuol dire asili nido e scuole di qualità, sanità, sostegni alle famiglie, generano benefici economici e sociali duraturi.

Un Paese che rispetta i diritti dei bambini è un Paese che rispetta i diritti di tutti.

Inoltre i bambini esposti alla violenza da grandi non avranno nessuna fiducia  negli adulti e nelle istituzioni.

Alcuni mesi fa durante il ricovero in ospedale di due bambini palestinesi non capivamo perché ogni tanto durante la giornata si rannicchiavano sul letto e si coprivano il capo con un braccio.

Poi abbiamo capito. L’ospedale è sulla rotta degli aerei che atterrano a Capodichino e mentre per noi quegli aerei trasportano uomini, donne e bambini, per loro trasportano bombe e sanno che dopo il rombo del motore arriverà l’esplosione e forse la morte.

Basterebbe questo per capire i danni delle guerre sui bambini sopravvissuti.

A Gaza l’Unicef  parla di oltre 50.000 bambini uccisi o feriti dall’inizio della guerra (7 ottobre 2023) con una drammatica media quotidiana di 28 bambini uccisi.

La Commissione ONU per i Diritti dell’Infanzia parla di oltre 50 bambini morti di fame durante il blocco degli aiuti umanitari e prevede fino a 71.000 bambini sotto i 5 anni affetti da malnutrizione acuta nel prossimo anno, se la situazione persisterà.

E poi ci sono anche i 36 i bambini israeliani uccisi nel massacro iniziale e almeno 113 sono le vittime infantili israeliane verificate nel 2023 nell’ambito delle violazioni gravi.

Il numero accertato di bambini uccisi o feriti in Ucraina fra il 1° marzo e il 31 maggio 2025 è aumentato di oltre il 200% rispetto al trimestre precedente: 222 bambini sono stati uccisi o feriti fra il 1° marzo e il 31 maggio 2025, rispetto ai 73 fra il 1° dicembre 2024 e il 28 febbraio 2025.

Ma non solo a Gaza o in Ucraina muoiono bambini  anche in Siria e Yemen, Afganistan e Sudan e in altre regioni del mondo.

Anche il futuro dei bambini superstiti è fortemente a rischio, per la distruzione di scuole e ospedali, per la mancanza di dosi di vaccino, (sono in aumento i casi di Tbc e di polio) perché presentano depressione, disturbo post-traumatico da stress, disturbi del sonno, incubi, encopresi e abuso di sostanze.

La violenza, la perdita dei familiari, il terrore dei bombardamenti e degli spostamenti forzati lasciano segni indelebili nel corpo e nella mente dei bambini, con gravi ripercussioni anche sul loro futuro quando la guerra sarà finita.

I bambini non hanno nemici, non conoscono confini, non odiano, eppure sono loro a morire per primi, a soffrire di più, a perdere il diritto di essere bambini.

Chiediamo che i potenti del mondo ascoltino la comunità internazionale dei pediatri e dei professionisti della salute infantile affinché si fermino queste guerre e si tuteli la salute dei bambini.

Qualcuno ricordi ai potenti del mondo che esistono i bambini che hanno il diritto all’infanzia, alla socializzazione, al gioco e all’educazione, alla salute e a un futuro di pace.

Non sono i bambini che iniziano le guerre, ma sono certamente quelli che ne pagano il prezzo più alto, anche quando le guerre finiscono.

Fonte: La Repubblica/Napoli, 27/08/2025