Ayman Haniyeh, 28 anni, è l’ultima vittima del massacro di giornalisti a Gaza

Roma giornalisti 9 settembre

L’ultima vittima del massacro di giornalisti a Gaza aveva solo 28 anni. Ayman Haniyeh, giornalista e ingegnere televisivo, è stato ucciso mercoledì mattina in un attacco aereo israeliano vicino all’ospedale giordano di Gaza City.

La sua tragica fine è l’ennesima conferma dell’emergenza che riguarda la campagna di eliminazione sistematica dei reporter che provano a raccontare quanto accade nella Striscia sotto lo sguardo inerme della comunità internazionale. Haniyeh è il 279º giornalista ucciso dall’ottobre 2023, segnando un primato sconvolgente nella storia del giornalismo di guerra..

Da quasi due anni, Gaza si è trasformata nel teatro più mortale al mondo per i professionisti dell’informazione. Secondo un rapporto pubblicato da Reporters Sans Frontières (RSF), il divieto totale imposto ai media stranieri, che ha impedito l’ingresso di giornalisti internazionali nella Striscia, ha lasciato i palestinesi come unici testimonial di un conflitto che si rivela ogni giorno più crudele e silenziato. Questa restrizione, combinata con una campagna di uccisioni mirate e di bastonature contro i reporter locali, sembra far parte di un piano premeditato di isolamento e censura.

Negli ultimi 22 mesi, i giornalisti e tutti gli operatori dei media uccisi nel conflitto più sanguinoso mai affrontato dalla professione sono stati un vero e proprio target. Per il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), Israele viola costantemente il diritto alla libertà di stampa oltre che  il diritto internazionale, sistematicamente ignorato nel contesto di questa guerra: i giornalisti sono considerati civili, protetti dalle norme, ma vengono quotidianamente presi di mira, arrestati arbitrariamente, torturati e uccisi.

La settimana scorsa ha visto un ulteriore massacro di giornalisti palestinesi: cinque professionisti, tra cui Hussam al-Masri, Maryam Abu Deqqa, Muhammad Salama, Ahmad Abu Aziz e Mu’az Abu Taha, hanno perso la vita in un doppio attacco israeliano all’ospedale Nasser. A questi si aggiungono altre decine di vittime, tra cui quattro giornalisti di Al Jazeera e due freelance che sono stati massacrati in un attacco inaspettato e mirato: un drone ha colpito la loro tenda fuori dall’ospedale al-Shifa.

Le autorità israeliane hanno tentato di giustificare queste azioni, definendole “accuse infondate”, in quanto “gli obiettivi erano terroristi”. In particolare, a essere infangato con tale accusa, Anas al-Sharif di Al Jazeera, deliberatamente assassinato solo perché faceva bene il suo mestiere.

Tutte le organizzazioni indipendenti di categoria sottolineano che Israele sembra impegnata in uno dei tentativi più violenti e sistematici di mettere a tacere la voce dei media e di bloccare le testimonianze dirette sui crimini di guerra, rendendo ancora più grave la situazione sul campo.

Le restrizioni imposte ai giornalisti internazionali, il divieto di accesso a Gaza e la demolizione della comunità mediatica locale costituiscono una strategia di silenziamento che ha come obiettivo quello di cancellare ogni voce critica e ogni testimonianza di quanto accade sul territorio. Secondo il diritto internazionale, i giornalisti sono civili e devono essere protetti, ma il comportamento delle forze israeliane dimostra una volontà di negare questa protezione, contribuendo a una situazione in cui la verità viene sacrificata sull’altare della strategia militare.

Il Comitato per la protezione dei giornalisti denuncia senza mezzi termini: “Israele sta impegnando il tentativo più mortale e deliberato di uccidere e mettere a tacere i giornalisti mai documentato”. Viene così comprometto non solo il diritto all’informazione, ma anche la possibilità di testimoniare e documentare le violenze, contribuendo così ad alimentare il ciclo di violenza e di invisibilità che avvolge Gaza.

Il massacro di giornalisti a Gaza ha ormai assunto i contorni di un vero e proprio genocidio mediatico. Sono le voci dei cronisti locali e dei corrispondenti internazionali, ormai ridotte al silenzio, a rappresentare l’unica testimonianza di un conflitto che necessita con urgenza di attenzione e di intervento. Il mondo deve prendere coscienza di questa catastrofe silenziosa e condannare fermamente ogni forma di repressione e di violenza contro i giornalisti, colonne portanti di una verità ormai troppo spesso nascosta o negata.

Per Ayman e gli altri martiri dell’informazione domani saremo in piazza Santi Apostoli con l’Ordine dei giornalisti del Lazio per leggere i loro nomi e per chiedere che venga permesso ai giornalisti stranieri di poter entrare a Gaza, garantendo loro protezione.

Fonte: Articolo 21


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