Castelvolturno, il ricordo e l’impegno

Castel Volturno (Ce)

Il 26 ed il 27 settembre a Villa Literno, in ricordo di Jerry Essan Masslo a 20 anni dal suo assassinio a Villa Literno, il forum campano anti razzista si interrogherà sul lavoro migrante, sulle paure, il bisogno e l’importanza della mediazione e della convivenza. E ancora il diritto d’asilo, l’uguaglianza e la lotta alla discriminazione. Temi indubbiamente fondamentali per la crescita della società ma anche argomenti che spesso vengono spesi per fini meramente propagandistici. Sbandierata nei discorsi elettorali e nei salotti della borghesia ‘illuminata’, l’integrazione il più delle volte resta senza contenuti. Il 26 ed il 27 settembre, a Villa Literno, nella tensostruttura di via Carducci non sarà così.

Non lo è stato, neppure, alla vigilia di San Gennaro quando a Castel Volturno al chilometro 43, c’è stato chi ha sentito il bisogno di testimoniare la memoria per i sei ragazzi uccisi un anno fa dal gruppo di fuoco camorrista comandato da Giuseppe Setola. Ci sono state le associazioni del terzo settore, qualche politico, il vescovo Schettino di Capua, ma più di tutti gli amici. A morire in quella strage, il 18 settembre del 2008, furono sei vite e non solo ‘sei ghanesi’ così come sono stati spesso liquidati. Julius Francis Kwame Antwi, 32 anni, era fuggito dal suo Paese nel 2007, aveva attraversato il deserto del Niger e aveva lavorato come muratore in Libia. A Castelvolturno era un piastrellista e si era iscritto a un corso di formazione per apprendere il mestiere di saldatore. Era attivista del centro sociale “ex canapificio” di Caserta e impegnato come interprete volontario.

Eric Affun Yeboa, il più giovane delle vittime, si trovava nel luogo della strage solo perché era passato a prendere il suo amico Francis. Eric veniva dal Ghana, era in Italia dal 2004. A Castelvolturno faceva il carrozziere. El Hadji Ababa veniva dal Togo e sulla Domiziana gestiva la sartoria “Ob exotic Fashions”. Un suo cliente che un anno fa era presente, ce lo ricorda, ma si affretta pure a dire “sebbene abbia visto e sentito allora come adesso sono cieco e sordo”. “Ababa era gentile ed garbato, la timido e preciso delle cuciture. Mi faceva venire la voglia -ci dice- di farmi dei vestiti o di comprarmi dei pantaloni solo per portarli da lui a sistemarli”. Del Togo era anche Alex Jeemes, con un permesso di soggiorno ottenuto a Siracusa per “protezione umanitaria”.Adams Christopher, aveva 28 anni faceva il barbiere a Napoli, a piazza Garibaldi. Kwabo Samule faceva il muratore ma lavorava anche come bracciante nelle campagne. Uno di quei tanti africani che alle prime ore del giorno si fanno trovare alle rotonde di Giugliano e di Villa Literno, in attesa di un “caporale” che gli offre lavoro.

 Joseph Ayimbora Joseph Ayimbora è l’unico sopravvissuto alla strage. Nonostante le gravi ferite alle gambe e all’addome, finse di essere morto. Ha un permesso di soggiorno dal 1998. La sua collaborazione con le forze dell’ordine è stata decisiva per la ricostruzione dei fatti e l’individuazione degli assassini. La sartoria è rimasta chiusa ma sulle pareti i ‘fratelli neri’ hanno inchiodato due cartelli dinanzi ai quali gli interrogativi si affollano senza sosta. Il primo recita “No alla camorra, no alla contaminazione del nostro paese. Ora ci siamo anche noi pronti a combattere per i nostri diritti e per il nostro futuro insieme. Diciamo: Libertà no omertà”. Sul secondo, a destra, si legge: “Saremo sempre noi stessi, sogneremo e non avremo paura”.