Catania, 24 arresti nel clan Ercolano-Santapaola

Dia interna

www.ctzen.it Lunga la liste delle accuse: associazione per delinquere di stampo mafioso, ricettazione e detenzione di armi, estorsione, danneggiamento e incendio doloso, usura, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, evasione e rapina a mano armata. E’ il risultato della maxi operazione eseguita all’alba dalla guardia di finanza etnea ai danni del clan mafioso noto come il gruppo della stazione

 

«Abbiamo inferto un duro colpo al clan Ercolano-Santapaola». Parla così il procuratore di Catania Giovanni Salvi della maxi operazione denominata Reset, eseguita questa mattina all’alba da circa 150 militari del comando provinciale della guardia di Finanza. In arresto 24 affiliati al clan, sette dei quali sono già in carcere con diverse imputazioni «legate ai classici reati di stampo mafioso», spiega Salvi. In particolare le accuse riguardano: associazione per delinquere di stampo mafioso, ricettazione e detenzione di armi, estorsione, danneggiamento e incendio doloso, usura, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, evasione e rapina a mano armata.

Al centro dell’indagine coordinata dalla Dia di Catania ed eseguita dal nucleo di polizia tributaria, le diverse attività illecite gestite dalla famiglia Zucchero, nota come gruppo della stazione  e parte della famiglia Santapaola – Ercolano. È stato accertato che il capo famiglia, Giuseppe Zucchero, impartiva ai congiunti ordini dal carcere «una prassi molto limitata dal 41 bis, ma che non riusciamo ancora a debellare del tutto», afferma Salvi. Gli ordini venivano dati al figlio Benedetto (soprannominato Benny) e al genero Romano Cristofaro (conosciuto come Cristian) «da lui stesso investiti del ruolo apicale», fanno sapere dalla guardia di Finanza.

Un’operazione, quella di oggi, legata ad un’altra appena precedente e che aveva «decapitato economicamente il clan grazie a dei sequestri preventivi», spiega Salvi. La principale attività del clan, infatti, era diretta al reperimento di soldi. È emerso quindi un capillare ricorso al pizzo con richieste di denaro sempre maggiori, ma anche un certo timore nei confronti delle forze dell’ordine. «Gli uomini sondavano prima il terreno per capire la reazione delle possibili vittime – spiegano ancora gli uomini delle Fiamme gialle – Ma, se trovano resistenza, desistevano». Chi però non si dimostrava abbastanza convinto di non volere pagare la propria quota, subiva ripercussioni e violenze di varia natura. «In un caso è stato documentato l’incendio dell’autovettura di una vittima e le istruzioni specifiche su come attuare questo tipo di intimidazione fornite dal carcere dallo stesso capo storico del gruppo», aggiungono gli investigatori.

Non solo pizzo però al fine di fare soldi. Non mancano infatti rapine a mano armata progettate nei minimi dettagli e non solo nel territorio catanese, ma anche attività come il cosiddetto recupero crediti. In alcuni casi è stato accertato che i mafiosi, forti della loro caratura di criminali, intimidivano le vittime per conto degli usurai a cui questi si erano rivolti, trattenendo parte dell’importo. E non manca nemmeno lo spaccio di sostanze stupefacenti. In questi casi, però, sempre per timore delle forze dell’ordine, «lo smercio avveniva reclutando persone estranee al clan al fine di far ricadere su altri il rischio delle eventuali conseguenze in caso di controlli di polizia».

Un’attività, quella del clan della stazione che ha anche creato momenti di tensione con altre famiglie mafiose catanesi, in particolare con il gruppo della Civita, tra cui spiccano Giovanni Nizza detto Giovanni Banana e Salvatore Mirabella detto Angelo u porcu, già in carcere come Francesco Arcidiacono, alias Franco U Salaru, Agostino Pomponio, Antonio Puglisi alias Puddisino, Silverio Davide Giuseppe e il capo Giuseppe Zucchero detto Pippo. Tensioni che però sono state risolte anche grazie al nome che li lega, «quello dello zio», come loro stessi dicono nell’intercettazione. Il riferimento è a Nitto Santapaola a cui dedicano anche un applauso.