Centro Pio la Torre: «Fondamentale riconoscere il protagonismo dei giovani nell’antimafia sociale»

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«O di qua o di là. O con Borsellino e Falcone o con chi ruota e nuota nel mare della collusione. A maggior ragione in occasione di giornate come quella del 23 maggio, che oggi più di prima pone a tutti il tema del cambiamento.

Per Emilio Miceli, presidente del Centro Studi Pio La Torre, bisogna partire da un elemento che deve farci riflettere e cioè che questa ricorrenza è oggi vissuta soprattutto da giovani e associazioni che, giustamente, rivendicano uno spazio e un ruolo di centralità per l’antimafia sociale.

«Il Centro Pio La Torre ha aderito anche quest’anno – afferma Miceli –  perché siamo convinti che sia necessario, sulla pace e sulla lotta alla mafia, un nuovo e più incisivo protagonismo giovanile. Tra l’altro, trovo assolutamente giusto che Falcone come Borsellino non vengano ricordati solo dalle istituzioni. Niente polemiche, speriamo niente provocazioni, ma anche valorizzazione delle diversità. Il mondo delle istituzioni, per fortuna ancora oggi, non esaurisce la domanda di politica e di cambiamento che c’è nella società. Alcuni indirizzi politici mandano, invece, un segnale diverso: marciano verso la compressione del valore dell’eredità, prima di tutto etica e culturale, di Falcone e Borsellino».

Che vuol dire, dunque, “tornare” a Falcone e Borsellino?

«Sarebbe utile – aggiunge il presidente del Centro Pio la Torre – perché non si possono celebrare i due caduti per la democrazia e la libertà un giorno, e l’altro lavorare per sabotare, questo mi sembra il termine più adatto, le fondamenta della legge La Torre. Mal si conciliano con la lotta alla mafia i tentativi di dare l’assalto al reato di associazione mafiosa e alle confische di prevenzione. È un oltraggio a Falcone e a Borsellino, ma è anche il tentativo di dare un segnale inquietante all’area grigia delle relazioni tra mafia, politica e affari».

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