Dal profeta Daniele un messaggio di speranza sul futuro dello stato di Israele

Israele guerra iran

Penso a Gaza, a quelle persone che girano senza meta, senza casa, in quella terra devastata alla ricerca di un pezzo di pane e di un bicchiere d’acqua, sfidando il rischio di un ennesimo attacco o bombardamento israeliano che li può colpire come semplici ostacoli incontrati lungo il tragitto di missili e proiettili.

Penso ieri sera a quelle persone inermi che sono morte o sono rimaste ferite in Iran per il solo fatto di essere state vicine di casa di un generale, di un comandante, di uno scienziato iraniano che l’esercito israeliano ha deciso di eliminare con bombe mirate, ma che naturalmente hanno fatto i loro “effetti collaterali”.

Penso questa sera a quelle bombe cadute a Tel Aviv che hanno spinto la gente comune a correre nei rifugi, impaurita, cosciente che non c’è più sicurezza a vivere in un paese, che giorno dopo giorno apre nuovi scenari di guerra e di conflitto, isolandosi dal resto del mondo.

Penso a chi, avendo responsabilità politiche, sta portando morte, distruzione, scompiglio, alzando ogni giorno il livello dello scontro, nel proprio paese e in una larga parte del Medio Oriente. In questo caso ci sono un nome e un cognome: Benjamin Nethanyau e il governo da lui guidato.

Penso queste cose mentre scorrono davanti ai miei occhi le parole di un libro che sto leggendo di Luigino Bruni dal titolo “Il mistero rivelato”, che l’autore ha dedicato al profeta Daniele, che il Vecchio Testamento colloca durante l’esilio del popolo ebraico nella terra di Babilonia, guidata dal re Nabucodonosor.

Daniele, ammesso alla corte del re, diventerà l’interprete dei suoi sogni.

Tra i sogni che Daniele interpreterà ci sarà un sogno importante: Dio parlerà al re babilonese, dicendogli che il suo regno gli sarà tolto. Gli sarà tolto perché il suo modo di gestire il potere lo ha trasformato in una “bestia”, portandolo a sentirsi il padrone di quel popolo.

Nel sogno Nabucodonosor vede un grande albero che viene abbattuto e quell’albero, gli dirà Daniele, è lui.

I potenti della terra si sentono così, come i padroni del mondo che giustificano le loro nefandezze, perché lo ritengono l’unico modo possibile di dare sicurezza e forza al proprio popolo.

Così fanno anche oggi Nethanyau il primo ministro israeliano e il suo governo, utilizzando la violenza che il loro esercito sta perpetrando in varie parti del Medio Oriente, come la via di salvezza e la garanzia di sicurezza del proprio paese.

Quando si perde il senso della giustizia, dei valori che si devono avere in uno stato democratico e si giustificano atti e azioni che rasentano la barbarie, come nel caso di Gaza, ci si trasforma da rappresentanti dei cittadini di una democrazia, in un governo che fa del non rispetto dei diritti umani, la strada maestra da percorrere.

Si diventa un dio o un deo e nessuno sembra in grado di fermarci. Dio taglia quell’albero perché senza quel taglio, il passato si sarebbe divorato il futuro.

E che futuro può esserci oggi in un paese come Israele che sta isolandosi dalla comunità internazionale, che in quasi due anni di guerra ha riempito d’odio gli abitanti di Gaza, che sta sempre più attuando uno stato repressivo in Cisgiordania e che apre nuovi fronti di conflitto?

Il suo passato lo sta uccidendo, impedendo a un nuovo futuro di trovare spazio.

Però quell’albero che nel sogno viene reciso, non porta alla fine di tutto. In un tempo che guarda solo al passato, l’albero reciso è forse l’inizio di un nuovo futuro.

In quella parte dell’albero che rimane ci sono le radici, la parte vera, spirituale e sociale di un popolo, che continuano a vivere e sono il domani di quel paese.

Vorrei che i cittadini israeliani che in questi due anni hanno scoperto l’insicurezza nella loro vita, visto la barbarie di Hamas del 7 ottobre 2023, visto uccidere o tenere ancora prigionieri a Gaza dei loro concittadini, che anche questa sera sono dovuti correre in un rifugio per difendersi dagli attacchi iraniani, che sentono crescere verso di loro un’ostilità a livello internazionale, trovassero la forza di estromettere dalla scena politica un primo ministro e un governo che non stanno facendo il loro bene.

Dalla radice di quell’albero abbattuto per troppa superbia, violenza, incapacità di trovare altre vie, nascerà un nuovo figlio, una nuova guida, un nuovo governo capace di costruire un futuro di convivenza con gli altri popoli di quella martoriata e stupende terra.

Questo messaggio di speranza nasce dalla Bibbia Ebraica, dal Vecchio Testamento, dalle parole così belle di uno dei primi Profeti del popolo ebraico, scritte durante l’esilio vissuto a Babilonia.

Il libro di Daniele parla di visioni, sogni, angeli, di un Dio che spazza via le forme di sopruso, la violenza, per difendere la storia e la cultura di un popolo come quello ebraico.

Un messaggio di speranza, in questi giorni, mesi, anni dove il passato tiene prigionieri nazioni e stati che si stanno privando di un futuro di pace, mettendo a rischio la convivenza nel nostro pianeta.