In occasione del 28° anniversario della morte del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti e dell’agente Domenico Russo, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato oggi un lungo messaggio al prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, evidenziando due punti fondamentali: il rafforzamento, soprattutto nei giovani, della cultura della legalità e un sempre maggiore sostegno da parte dello Stato verso le forze dell’ordine e la magistratura che quotidianamente combattono contro la criminalità e le sue organizzazioni.
Un messaggio forte che ha ottenuto l’approvazione di molti esponenti del mondo politico e del Governo. “Il governo e la maggioranza raccolgano gli insegnamenti del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, abbandonino la retorica per combattere la mafia con atti concreti e affrontare a viso aperto il nodo mafia-politica – ha subito incalzato il senatore del Pd Giuseppe Lumia, nuovamente oggetto di intimidazioni proprio da parte della mafia (per la sua battaglia accanto al sindacalista Liarda e la coop. di Libera, Placido Rizzotto). Provvedimenti come quelli sul processo breve, sulle intercettazioni o sullo scudo fiscale – prosegue Lumia – vanno nella direzione opposta. E che dire della decisione del governo di non concedere la protezione al collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza?”.
A 28 anni da quel giorno di lutto privato e pubblico, Nando Dalla Chiesa parla ai microfoni di Cnrmedia dell’omicidio di suo padre, ucciso a Palermo dalla mafia mentre era prefetto di Palermo. “Io allora – ricorda – dissi: cercate i mandanti nella Dc. Lo ripeto”. “Io credo – dice il sociologo, ex parlamentare del centrosinistra – che un grumo di potere abbia temuto che mio padre potesse rompere degli equilibri, andando in Sicilia a operare senza vincoli di fedeltà politica, ma di fedeltà istituzionale. Dietro l’omicidio – conclude Dalla Chiesa – c’è la paura che i rapporti di simpatia che potevano esserci tra mio padre e Bettino Craxi potessero far saltare degli equilibri di potere”. Parole che a distanza di anni ricordano che questo delitto come molti altri non è stato solo frutto dell’iniziativa di Cosa nostra. L’ormai nota convergenza di interessi si è messa in moto contro l’iniziativa che il generale, isolato e senza molti strumenti, stava per mettere in pratica in Sicilia, contro la mafia. Lo ricorda anche l’eurodeputata, Rita Borsellino, sorella del magistrato Paolo Borsellino, ucciso da Cosa nostra. “Bastarono centro giorni alla mafia per eliminare il generale Dalla Chiesa, in quanto personaggio scomodo che avrebbe dato del filo da torcere alla mafia. Cosa nostra non ebbe difficolta’ a liberarsi di quel prefetto mandato a Palermo da uno Stato che subito dopo lo ha abbandonato a se stesso senza dargli quegli strumenti essenziali che gli erano stati garantiti. Un uomo – ricorda la Borsellino – dal grande senso di giustizia lasciato solo, la cui azione punto’ a spezzare il legame tra politica e mafia”.
Un coraggio rimembrato oggi anche dal presidente del Partito democratico, Rosy Bindi che ha sottolineato quanto il lavoro, il coraggio, la determinazione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nella lotta al terrorismo e alla mafia furono essenziali e incisero profondamente nella coscienza civile del Paese”.
Impegnato in una lotta intestina per la legalità dentro il Governo, ma fuori dal Pdl, Fabio Granata, vicepresidente della Commissione antimafia, ricordando il generale Dalla Chiesa, chiude dicendo: tutti gli italiani onesti gli devono molto per il suo esempio e il suo sacrificio, segno indelebile di una idea di patria che deve essere difesa e rilanciata”.



