
Doveva morire perchè ai vertici del clan rivale della Stidda. Antonino Barone venne ucciso nell’ottobre di diciassette anni fa: il cadavere fu ritrovato all’interno della sua auto ferma in contrada Vascelleria. Per quell’omicidio, gli agenti della mobile di Caltanissetta e i magistrati della Dda di Catania hanno individuato uno degli autori materiali: si tratta di Vincenzo Pisano, già recluso nel carcere toscano di Prato. Pisano fu uno dei più abili killer di cosa nostra niscemese: utilizzato anche dai capi della mafia gelese.
Stando alle indagini, fu proprio lui a bloccare ed uccidere Barone con la complicità di Antonino Pitrolo, Alfredo Campisi e Giuliano Chiavetta.
Barone doveva essere fermato perchè d’ostacolo agli affari della cosca di Cosa nostra, molto vicina agli Emmanuello di Gela. A sparare sarebbero stati proprio Vincezo Pisano e Giuliano Chiavetta, utilizzando una pistola calibro 38. L’omicidio Barone, però, non fermò la faida: anzi la fece diventare interna al gruppo di Cosa nostra. Si venne a creare una forte spaccatura fra la fazione con a capo Antonino Pirtrolo e quella che veniva guidata da Alfedo Campisi, l’emergente della criminalità locale.
La rottura fu violenta, al punto da portare all’omicidio dello stesso Campisi.
Le accuse contro Pisano sono fondate, fra gli altri elementi, anche intorno alle dichiarazioni rese proprio da Giuliano Chiavetta e Antonino Pitrolo, oggi collaboratori di giustizia.



