Ecomafie, business da 20, 5 miliardi di euro

Due boss della mafia reggina costruiscono una scuola barando sulla qualità del calcestruzzo. Durante una conversazione telefonica, uno dei due suggerisce di mettere meno cemento e più sabbia nell’impasto; l’altro gli risponde scocciato che in questo modo la pompa idraulica può bruciarsi. Né l’uno né l’altro vengono sfiorati dalla preoccupazione che in modo la scuola rischia di crollare.  Storie come questa, fra illegalità mafie e reati contro l’ambiente, sono raccontate nel  XV Rapporto Ecomafia 2009 presentato oggi a Roma nella sede di Legambiente. Impressionanti numeri di malaffare e mafie che anche quest’anno fotografano un Paese messo in ginocchio dai reati di ecomafie, non solo al sud.  Crescono le aggressioni al patrimonio, il racket di animali e le agomafie,

Un business di 20, 5 miliardi, 71 reati al giorno, uno ogni 3 ore per mafie che in tempi di recessione economica non conoscono crisi. A presentare e commentare questi dati stamani Sebastiano Venneri,  responsabile Osservatorio Ambiente e Legalità Legambiente, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il vicepresidente della Commissione Antimafia Fabio Granata, il presidente della Commissione sul ciclo dei rifiuti Gaetano Pecorella, il responsabile ambiente del Pd Ermete Relacci, Enrico Fontana, direttivo Legambiente, responsabile Cosapir Francesco Rutelli e Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale Legambiente.

Gli interventi urgenti.  Un appello  a più voci è stato lanciato dai responsabili nazionali e dal presidente Pecorella alla politica in particolare, contro la limitazione dell’uso delle intercettazioni per i cosiddetti “reati satellite” che connotano in maniera massiccia i reati di ecomafia, e un invito al Parlamento perché porti avanti in tempi rapidi la legge che introduce il reato di ecomafie dentro il codice penale cosi come la stessa Europa ha già imposto di fare; cosi come chiedono da moltissimi anni Legambiente e tutte le associazioni che si occupano di legalità e mafie. Il  procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, intervenuto alla conferenza stampa di Legambiente,  ha annunciato la nascita di un Osservatorio interno alla Procura nazionale antimafia capace di coordinare tutte le numerose operazioni investigative su reati contro l’ambiente. E un Osservatorio nascerà – come annuncia Legambiente –  in Abruzzo per prevenire ulteriori infiltrazioni  mafiose in un territorio già colpito dal fenomeno e oggi alle prese con l’emergenza terremoto e il percorso ricostruzione. “L’Osservatorio per la legalità” – dichiara Enrico Fontana nascerà di comune accordo con l’Ance (associazione nazionale costruttori edili) per monitorare e prevenire il colpo basso troppo spesso inferto dalle organizzazioni criminali quando flussi di denaro consistenti si sono diretti ad investimenti di questa portata nel Paese”.

I numeri della Rifiuti Spa. Metà dei reati legati al traffico illecito dei rifiuti si  sono consumati nelle 4 regioni “occupate” dalle mafie (Campania, Calabria, Sicilia, Puglia) il resto su tutto il territorio nazionale. “Sono 258 i clan coinvolti in questi reati nel 2008 – dichiara Sebastiano Venneri dell’Osservatorio Ambiente e Legalità – ben 19 in più dello scorso anno”. 365 giorni dall’ultimo rapporto ecomafie che hanno disegnato un bilancio al rialzo nonostante la crisi economica in corso, in particolare per  il settore edilizio (28 mila nuove case abusive) e dello smaltimento dei rifiuti (31 milioni di tonnellate di rifiuti speciali  spariti nel nulla). Una montagna di scorie in mano  a quella che i curatori del rapporto chiamano la “Rifiuti Spa” , l’azienda mafiosa e paramafiosa che gestisce un fatturato di 7 miliardi di euro già solo per  i rifiuti pericolosi (ben 25 le inchieste condotte in questo anno).  E’ ancora la Campania la regione dei record per i reati di ecomafia (573 infrazioni accertate, il 14,7% e 63 arresti) in cui di 31 milioni di tonnellate di rifiuti è ancora ignota la destinazione finale. Rifiuti, scorie che partono dal territorio nazionale e finiscono nel sottosuolo campano  da Caserta sino ad Avellino, in un’area in cui come racconta un collaboratore di giustizia in un’inchiesta della procura campana “avevamo il controllo del ciclo dei rifiuti, 7 viaggi al giorno per 5 giorni alla settimana”. Una società criminale che ha esteso i suoi tentacoli in Puglia (355 infrazioni accertate, 416 denunce, 271 sequestri e 15 arresti), in Calabria terza regione per traffico illecito dei rifiuti con 293 infrazioni, 238 denunce, 567 sequestri. A seguire i “signori dei veleni” hanno commesso reati nel Lazio per un totale di 291, con 358 denunce, 172 sequestri e 11 arresti.

Un nord che avanza. “C’è un fronte che  è stato parte integrante di questo business dei rifiuti ed è spesso rappresentato dalle aziende del nord Italia – continua il responsabile dell’Osservatorio Legambiente. Quest’anno tre casi hanno fatto scalpore e svelato traffici illeciti in cui erano coinvolti i clan ma anche i “colletti bianchi” in particolare al nord”. Si riferisce all’indagine che ha coinvolto, fra gli altri, l’ex di tangentopoli Mario Chiesa oggi ritornato sul mercato “in combutta”con colletti bianchi che gestivano affari illeciti attraverso corruzione di dipendenti pubblici e imprenditori. Il rapporto Ecomafia 2009 vede dunque l’ingresso della Lombardia e del Piemonte tra le regioni più coinvolte nei traffici illeciti. A Milano in particolare la ‘ndrangheta è presente anche nel ciclo dei rifiuti. Nel capoluogo lombardo il fenomeno dell’interramento di rifiuti industriale (tombamento) ha compromesso ben 6 ettari di bosco. Situazione analoga per i cantieri dell’alta velocità ferroviaria nel Parco del Ticino e in Calabria, dove le scorie della ex Pertusola Sud miscelate alle polveri dell’Ilva sono state utilizzate per costruire un aeroporto, un acquedotto ma anche strade e scuole.
Il Piemonte invece in testa fra le regioni del nord per numero di reati accertati, 6,5% se rapportati al territorio nazionale. Su tutto il territorio nazionale inoltre 3.911 reati commessi, 4591 persone e sono stati effettuati  2.406 sequestri.

Il cemento illegale e il record campano. “La maggior parte dei Comuni della Campania sono stati sciolti in questi anni proprio per reati connessi all’abusivismo edilizio, agli appalti nel settore del cemento – denunciano da Legambiente – e questo non è casuale”. Le mafie hanno scelto da tempo il business del ciclo del cemento nel Paese e l’hanno rafforzato grazie alla connivenza più o meno consapevole degli amministratori locali.  “Il Caso di Giugliano è emblematico (vigili urbani coinvolti in una inchiesta che ha smantellato un sistema collegato al business edilizio) ma non è il solo – ricorda Venneri di Legambiente”. Quest’anno dopo i numeri da record che ancora mettono la Campania in testa per numero di reati e denunce (1267 infrazioni accertate, 1.685 persone denunciate e 625 sequestri)  a seguire con un notevole distacco si colloca la Calabria (900 infrazioni, 923 persone denunciate e 319 sequestri) in cui sono stabilmente in mano alle ‘ndrine i lavori della Salerno – Reggio Calabria e quelli per  la statale 106. Terzo posto in quest’analisi relativa al 2008 il Lazio, che vede raddoppiare il numero delle persone coinvolte in questi reati e i sequestri connessi. Cifre che hanno superato persino quelle della Sicilia e che sono un segnale da non sottovalutare soprattutto sulle coste laziali.

Buone notizie. Se è vero che aumenta di anno in anno il volume di affari che la criminalità organizzata riesce a produrre dallo sfruttamento dell’ambiente è vero anche  – come emerge dal dossier Ecomafia 2009 – che sono cresciute  le attività di contrasto al crimine ambientale. “Una rete che dispone di poche risorse – ricorda il procuratore antimafia Piero Grasso – ma che è stata in grado in questi anni di produrre risultati eccellenti. Una vera e propria rete che va migliorata  e soprattutto coordinata a livello centrale attraverso un osservatorio gestito dalla stessa Procura nazionale antimafia. Molti reati cadono in prescrizione (40.000 circa) ma un’azione coordinata può tenere accesa una luce su tutto quello che accade e accelerare i tempi della giustizia e delle inchieste”. Nel 2008 salgono i sequestri (più 6,6%) e gli arresti (più 13,3%) i carabinieri hanno operato ben 130 arresti, 115 sul ciclo dei rifiuti. Il Corpo forestale e le Capitanerie del porto sono impegnati in prima linea per quanto riguarda abusivismo edilizio, pesca illegale e incendi dolosi. Cresce anche l’impegno della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato e lo stesso vale per l’Agenzia delle dogane, che nel 2008 ha sequestrato ben 4.800 tonnellate di rifiuti. Non solo cemento illegale inoltre. Il 2008 ha visto la nascita della Calcestruzzi Ericina Libera, un’azienda in mano alla mafia del mandamento di Trapani è tornata nel circuito legale dell’economia. Oggi una cooperativa di lavoratori gestisce un sistema di riciclaggio dei rifiuti inerti fra i più avanzati del centro sud. La cooperativa è nata grazie all’impegno dell’ex prefetto di Trapani, Fulvio Sodano, al sostegno di Libera e Unipol e produce calcestruzzo con marchio di Legambiente.

Mafie e fiancheggiatori non subiscono rallentamenti a giudicare dai numeri di questo dossier stilato da Legambiente ma allo stesso tempo crescono anche i numeri del contrasto da parte delle forze investigative. E quando non si può contrastare, come dimostra il caso della Ericina Libera, si ricomincia togliendo il terreno sotto i piedi delle mafie. E si ricomincia, nel segno della legalità e dello sviluppo.