Il grande letterato Borges si domandava “se gli incubi fossero degli squarci dell’inferno? Se negli incubi ci trovassimo, letteralmente, nell’inferno?”.
Questa riflessione potrebbe facilmente essere utilizzata per provare a trovare un senso all’incubo in cui, da quasi un decennio, è stato trascinato l’Ecuador, poiché il contesto politico sociale del paese andino, purtroppo, non può che essere definito infernale, tra la violenza diabolica dei narcos e la repressione di un governo sempre più autoritario.
Mentre ancora non si è strutturato il percorso processuale per il gruppo di militari che l’8 dicembre 2024 hanno rapito, torturato e bruciato i 7 bambini del sobborgo povero di Guayaquil (los 7 ninos de las Malvinas), le forze armate sono coinvolte, nuovamente, in atti di violenza su larga scala. Il contesto è la repressione dello sciopero generale inizato il 22 settembre di quest’anno per protestare contro la decisione presidenziale di togliere il sussidio al diesel, facendo lievitare il prezzo al gallone da 1,79 dollari a 2,80, con un progressivo aumento fino a raggiungere il prezzo internazionale.
Questa misura si inserisce in un quadro di interventi economici “concordati” tra Daniel Noboa, attuale Presidente della Repubblica, ed il Fondo Monetario internazionale, il 6 dicembre 2024.
Nelle settimane precedenti, in un paese che quest’anno ha toccato la cifra record di povertà (quai il 30 per cento), c’è stata un’ondata di licenziamenti di massa nel settore pubblico (più di 1500), seguiti da tagli al comparto sanitario e scolastico.
Ecco dunque che l’aumento del prezzo del diesel è stato come buttare benzina sul fuoco, dato che questo combustibile viene utilizzato dai piccoli e piccolissimi agricoltori per portare i prodotti agricoli nei mercati. Essendo il margine di guadagno al limite della sopravvivenza anche una minima decrescita ha un impatto “esistenziale”.
Tuttavia questo scenario non è certo una novità nel paese andino quanto, piuttosto, un incubo ricorrente. Il primo governo di destra dopo decenni di egemonia progressista decise già nell’estate del 2019 di tagliare i sussidi al combustibile, sempre su pressione del FMI. Il risultato fu una mobilitazione di massa (il famoso sciopero generale dal 2 al 13 ottobre) ed una repressione altrettanto travolgente, che causò la morte a 10 manifestanti. In quel caso l’aumento fu di pochi decimi, misura valutata non sufficiente in un’ottica di rigida economia neo liberista.
Oggi, se così si può dire, Noboa tenta il colpo definitivo, abrogazione totale e che sia il mercato a decidere chi, tra i piccoli e piccolissimi contadini, sopravviverà e chi dovrà soccombere..
Ma in previsione dello scontro ha preparato il terreno, per settimane i mezzi di comunicazioni ufficiali ed “amici” hanno posizionato l’idea che a difendere il prezzo del diesel “controllato” siano i narcos che trasportano coca, dunque la CONAIE (l’organizzazione indigena leader delle proteste sin dagli anni 90) è finanziata da loro.
L’entrata in vigore del decreto in questione, infatti, ha coinciso con la dichiarazione dello stato d’emergenza militare di 8 delle 29 provincie che compongono l’Ecuador, con il conseguente divieto di assemblea, di manifestazione, di riunione ecc.. Inoltre il Presidente, con uno spiegamento di carri blindati mai visto, ha spostato la Presidenza da Quito a Latacunga, uno dei bastioni storici della protesta “campesina”, affermando, attraverso un video rilanciato da tutte le tv nazionali, che se qualcuno “cercava problemi” lui era pronto alla battaglia. Provocazione machista che ha determinato manifestazioni in tutta la sierra centro, zona andina a prevalenza indigena.
Come accennato dal 22 settembre le manifestazioni hanno assunto dimensioni imponenti e la violenza militare è diventata sistematica, raggiungendo, ad oggi, il suo acme con l’uccisione a Cotacahi di Efrain Fuerez, giovane uomo attivo nella sua comunità.
La violenza con cui è stato “abbattuto” e la ferocia con cui è stato colpito un amico che tentava di difenderlo sono state riprese e trasmesse tramite canali social. Si può vedere come i manifestanti fossero assolutamente disarmati e come i militari colpiscano con il calcio dei fucili perfino il corpo senza vita disteso sulla strada. La Ministra dell’Interno Zaida Rovira, in una dichiarazione che rasenta la comicità ha prima affermato fosse un uso proporzionato della forza, poi che i militari si stessero difendendo da una “imboscata”… per poi, più saggiamente, preferire non andare più in TV. Stessa decisione assunta da tutto il governo, dato che del Presidente macho non c’è traccia da giorni.
Lo scenario, con il passare del tempo, diventa sempre più cupo, le zone rurali, vera base della protesta, sono state isolate militarmente, è stata tolta la corrente così che non possano funzionare le radio e le piccolissime tv locali. Ai giornalisti è vietato avvicinarsi, in quanto area sotto controllo militare. Ci si aspetta il peggio, isolate dal resto dal paese, senza accesso a mezzi di comunicazione con l’“esterno” vi è il, fondato timore, di un assalto militare imminente, senza testimoni.
Ad oggi si contano già 12 “desaparecidos” nelle zone più interne, fermati dalla polizia, portati in commissariato e, semplicemente, spariti nel nulla.
Vedremo nei prossimi giorni gli sviluppi, ovviamente. Le proteste si stanno diffondendo, così come la radicalità delle richieste che sono passate dal ritiro del decreto, alle dimissioni del Presidente. Di pari passo, però, si è radicalizzata l’azione delle forze armate che, appunto, stanno ponendo sotto assedio intere aree del paese.
Da questo incubo si spera di svegliarsi in fretta, ma la notte sembra ancora molto lunga ed oscura.
https://liberatestardi.websitefortest.uk/2025/06/25/ecuador-la-nuova-legge-sullintelligence-e-un-bavaglio-allinformazione/



