Mentre il mondo dei paesi ricchi (occidentali e arabi) sembra svegliarsi dal suo torpore, un popolo viene dilaniato.
Ci abbiamo messo mesi e mesi per capire cosa realmente stava accadendo a Gaza e cosa sta per accadere con le ultime decisioni prese dal governo israeliano di muoversi verso una occupazione militare di Gaza City.
Il tempo è la vera discriminante tra lo spazio di azione della politica e la vita reale delle persone.
Gaza ne è la dimostrazione più chiara. Il popolo palestinese viene smembrato e sottomesso per il tempo che noi abbiamo concesso ad Israele per portare avanti il suo obiettivo.
In questo spazio di azione c’è chi ha più coraggio e determinazione, e chi, più pusillamine e calcolatore, ha bisogno di più tempo per prendere decisioni che inviino un messaggio chiaro di distanza da chi sta commettendo un genocidio.
Basta prendere la nostra Europa e i suoi paesi principali: la Spagna da tempo ha preso le distanze da Israele riconoscendo lo stato palestinese e rallentando i rapporti economuci con quel paese, la Francia e l’Inghilterra hanno annunciato il riconoscimento della Palestina a settembre, la Germania ha bloccato la vendita di armi al governo israeliano.
La timida Italia invece per bocca del suo ministro degli esteri ha pronunciato queste parole: “Non siamo assolutamente favorevoli all’iniziativa del governo israeliano di occupare Gaza”, parole che dimostrano come non si voglia prendere le distanze, condannare, agire di conseguenza contro chi sta commettendo un crimine così grave.
Il nostro primo ministro ha detto che ancora non sono maturi i tempi per il riconoscimento dello stato palestinese.
Imperterrita, la donna che per difendere i bambini di Bibbiano aveva annunciato che non si sarebbe mossa da lì, dal cartello che indica il nome di quel piccolo paese, perché lì si erano commessi abusi indicibili, di fronte al massacro di intere generazioni di bambini e adolescenti palestinesi, va avanti nella sua politica di vassalla di Trump, facendo restare l’Italia, l’unico paese importante dell’Europa “che conta”, di fatto complice del ricercato per crimini di guerra, Benjamin Netanyahu.
Il tempo della nostra politica ci rende oggi più complici di altri in questo genocidio.
Ma in fondo in fondo anche a noi “comuni mortali” va bene così e la politica in queste cose, segue molto anche gli umori della “pancia” del suo paese, non cerca di guidarli, ma li asseconda.
Per noi quanto accade a Gaza vale poco più di una semplice notizia del tg… Non ci riguarda più di tanto… Ci dispiace, ma che possiamo farci..
Poi penso alle trecentomila persone che hanno sfilato nei giorni scorsi a Sidney in Australia per la Palestina, a quelli che si sono mossi in Germania e nei Paesi Bassi nei mesi scorsi.
Da noi molto meno, se si tolgono le rimostranze dei giovani e delle università. E non è che le opposizioni a questo governo fino ad oggi si sono “stracciate le vesti” sul fronte palestinese.
Eppure, se si avesse la capacità e il desiderio di comprendere quanto tutto ciò che sta accadendo sia importante anche per noi, per la nostra libertà, se si riuscisse a capire cosa lo stato di Israele sta facendo da decine di anni a un popolo, troveremo dentro di noi la forza di dare fiato a una indignazione che prenderebbe vigore dalla nostra consapevolezza.
Perché oggi è solo l’indignazione della pubblica opinione che nasce dalla conoscenza della realtà, che può far cambiare passo a una politica che non sa guardare oltre il tempo e lo spazio di una tornata elettorale.
Ma è quella stessa politica che al tempo stesso ci chiede di dare sempre più potere in mano a poche persone.
E oggi nel mondo, tra queste persone che gestiscono il potere non esistono uomini e donne lungimiranti, che abbiano una visione del bene comune dell’umanità, ma capi di stato e di governo che in molti casi conoscono solo la legge del più forte.
La diplomazia muore e con lei lo stato di diritto, si torna a parlarsi solo quando c’è un vincitore e un vinto, con tutto ciò, in odio, rancore, disprezzo, che ne consegue.
Ecco perché il genocidio di Gaza, la distruzione di un popolo, apre scenari che riguardano noi, i nostri figli, i nostri nipoti.
Non c’è più tempo, non c’è più spazio, non ci sono più margini, non ci sono più nemmeno interessi economici che possono giustificare la nostra complicità.
Non ci sono più tempi per compromessi, oggi è solo il tempo di isolare politicamente e economicamente il governo israelisno se vogliamo salvare quel pò di rispetto che abbiamo per noi e i valori della nostra democrazia…



