Gela, il pizzo rimane un nemico da combattere

“A Gela, non è più possibile
parlare di veri e propri gruppi criminali, rigidamente organizzati,
in grado di dominare sul territorio, le nostre operazioni, nel corso
del tempo, hanno disarticolato le due cosche, stidda e cosa nostra,
ma il rischio che singoli soggetti, magari scarcerati, possano riprendere
a fare proseliti non è ancora superato”.

L’ammissione giunge da Giovanni
Giudice, massimo dirigente della Squadra Mobile di Caltanissetta, convinto
che pizzo e criminalità organizzata abbiamo subito durissimi colpi
senza, però, arrendersi definitivamente.

Il
fenomeno degli incendi-aggiunge l’agente della Polizia di Stato-non
è  controllato dalla mafia, la percentuale di roghi causati da
affiliati alla criminalità organizzata si può collocare fra il 15%
e il 20%, per il resto si tratta di situazioni legate alla sfera personale
dei singoli, dalle ritorsioni per motivi economici a quelle generate
da rapporti sentimentali”.

Oggi, le leve della criminalità
gelese hanno optato per un settore diverso dal pizzo: il traffico e
lo spaccio di stupefacenti si consolidano come nuovi paradisi da sfruttare
a pieno.

I controlli sono più rari,
non ci sono rischi di denunce, il profitto, se l’affare è buono, può
raggiungere livelli molto elevati.

Realtà descritta anche da
Renzo Caponetti, presidente dell’associazione antiracket “Gaetano
Giordano”, tra le più attive dell’intero territorio nazionale.

Se
fino al 2005-ricorda il commerciante-a pagare era almeno il 95% degli
esercenti gelesi, adesso la percentuale si è notevolmente ridotta,
possiamo stimarla intorno al 25%”.

Le estorsioni, quindi, non
si sono fermate, ma proseguono adottando forme diverse.

Nell’ultimo periodo, sono in
aumento i furti di motorini: il motivo è semplice, gruppi composti
spesso da minorenni si impadroniscono di moto e ciclomotori con l’obiettivo
di restituirli ai legittimi proprietari solo dopo il pagamento di un
“riscatto”.

500 o 1.000 euro per riavere
il mezzo, un mercato parallelo che esclude ogni indagine delle forze
dell’ordine: non ci si rivolge al commissariato perché, a detta di
molti giovani sentiti nelle scuole superiori della città, i tempi sarebbero
troppo lunghi e si rischierebbe di infastidire gli autori del furto.

Di
fronte a simili contesti-continua Caponetti-è molto importante la risposta
data dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, la nostra associazione,
in questi anni, ha spinto 113 imprenditori a ribellarsi, il problema
vero è, invece, l’esiguità delle risorse, mancano i magistrati e non
sempre questi vengono messi in condizione di poter lavorare al meglio”.

La certezza della pena diviene,
in questa dimensione, un obiettivo non sempre raggiungibile.

Anche la nuova amministrazione
comunale, dopo le battaglie avviate da quella retta da Rosario Crocetta,
ha posto la tutela della legalità tra i suoi obiettivi primari.

Si invitano i privati ad investire,
c’è tanto da fare in città e le risorse comunali sono esigue.

Non
bisogna, però, abbassare la guardia-precisa Ignazio Giudice della Fillea
Cgil- i privati non possono fare il bello ed il cattivo tempo a Gela,
un caso come quello dell’imprenditore Pietro Capizzi, creatore di un
miracoloso polo tessile nella vicina Riesi trasformatosi in un’ingente
bancarotta, potrebbe benissimo ripetersi a Gela”.

Intanto, la crisi economica
non risparmia nessuno: molti esercenti continuano ad abbassare le saracinesche,
altri, invece, tentano la fortuna con nuove aperture.

I
soldi non ci sono per i commercianti-dice Rocco Pardo presidente della
locale sezione di Confcommercio-figuriamoci se possono essere regalati
ai mafiosi o agli estorsori di qualsiasi sorta, c’è una nuova coscienza,
si preferisce denunciare piuttosto che piegarsi”.

Giovanni Giudice, poliziotto
da anni in prima linea, ribadisce che l’imprenditoria cittadina potrebbe
contribuire a risanare i guasti di Gela, “sono professionisti in gran
parte privi di qualsiasi collegamento sospetto, certo non mancano quelli
eterodiretti, capaci di agire solo allo scopo di contribuire alla causa
dei gruppi che li appoggiano”.

Il cammino per la liberazione
di Gela, quindi, non è ancora finito.