I Balcani della criminalità

Balcani polizia

Non è incoraggiante il quadro dello sviluppo della rete criminale, dei suoi collegamenti internazionali, dei traffici di stupefacenti e di armi che emerge nel contesto dei Balcani.

Il clima politico che si respira ancora oggi in quella regione, tra l’altro, non è certamente quello più favorevole per assicurare condizioni generai soddisfacenti, sul piano della sicurezza interna, nei singoli Stati. E in questo influisce sicuramente anche il conflitto in atto scatenato a febbraio scorso dalla Russia con l’invasione dell’Ucraina.

Anche le recentissime elezioni svoltesi in Ungheria e in Serbia con la riconferma dei rispettivi presidenti Orban e Vucic (sempre attuali le frizioni della Serbia con il Kosovo dove risiede una forte comunità serba) dimostrano come il cammino di questi paesi per una democrazia reale e stabile sia ancora lungo e travagliato.

In realtà, questo travaglio etnico, politico, economico, va avanti dal 1990, continua ad affliggere i vari paesi della ex Iugoslavia ed è certamente un fenomeno complesso e multiforme che coinvolge gli interessi italiani.

Ancora oggi le notizie provenienti dal Kosovo parlano di rifugiati politici albanesi che vengono reclutati, armati e rivestiti di divise (vendute al mercato nero) di provenienza tedesca, per la guerra di liberazione. Alcuni avrebbero pagato anche 300 dollari per un Kalashnikov, armi comperate con la droga a Gostivar e Trpoje, mentre Kumanovo si è fatta una fama come centro di raffinazione dell’eroina.

I mafiosi del Kosovo sono i maggiori trafficanti di droghe che provengono dall’Afghanistan, Kazakistan e Turkmenistan. La guerra del Kosovo è stata solo l’ultima delle guerre conseguenti alla dissoluzione della ex Iugoslavia. Prima dell’inizio del conflitto che doveva portare alla sua frantumazione, la vecchia Iugoslavia era già, come paese, tra i maggiori produttori ed esportatori di armi.

In particolare, uomini come Fikret Abdic, musulmano bosniaco, e altri criminali serbo-bosniaci, sono stati i mediatori dell’esportazione serba delle armi destinate alla criminalità italiana. Armi serbe alla mafia italiana sono arrivate anche attraverso il Montenegro; particolarmente interessante il ruolo di questo paese che risulta essere il principale fornitore di armi alla criminalità pugliese, ma anche nel traffico di clandestini e sigarette di contrabbando.

Con il delinearsi del nuovo assetto geopolitico, le industrie militari risultarono, di fatto, nelle mani dei serbi, perché concentrate ad est della Dina e nei territori controllati dai serbi-bosniaci. Serbi (e russi) preferiscono la Cipro greca per il riciclaggio di denaro, ma non mancano gli italiani anche se la loro preferenza sembrerebbe più per i centri di riciclaggio occidentali. Di un tal genere di servizi si può facilmente fruire anche in Macedonia, Croazia e Slovenia, ma il problema è più esteso e grave in Serbia e Montenegro. Senza contare i legami, in questo settore specifico, con la mafia albanese.

Il “cartello dei Balcani” ben radicato nei territori della ex Iugoslavia (Bosnia-Erzegovina, Croazia, Montenegro, Serbia e Romania), controlla saldamente la via di transito (la c.d. rotta balcanica) dell’eroina prodotta in Medio Oriente che ormai risulta essere “un affermato asse viario della cocaina sudamericana” (rel. annuale DCSA 2020).

I narcotrafficanti dei Balcani, ben radicati all’estero, sono ormai in grado di relazionarsi direttamente con i locali cartelli della droga in Sud America, gestendo, così, autonomamente la fase di importazione e di vendita all’ingrosso in Europa e in Italia, riuscendo a garantire, spesso, un risultato ad un prezzo inferiore rispetto alla “concorrenza”.

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