Il blocco della Flotilla effettuato dalla Marina Israeliana è l’ennesima violazione del diritto internazionale.
Le immagini che ci provengono dalle acque internazionali nel Mar Mediterraneo, dove l’esercito di uno stato impone un blocco navale e ferma persone disarmate all’interno di barche che hanno le insegne di altri stati sovrani, è la rappresentazione della fine del diritto internazionale come lo abbiamo conosciuto in questi decenni.
È la rappresentazione anche del nostro personale fallimento, di una generazione o meglio di più generazioni, che non sono state in grado di difendere ciò che i nostri padri hanno saputo conquistare attraverso il loro impegno.
Al tempo stesso è il fallimento dei governi delle democrazie occidentali che non sono in grado di opporsi e di bloccare la deriva verso la quale ci stanno portando persone come Nethanyau, Trump, Putin.
È il fallimento della diplomazia internazionale che non è più vista come ricerca di un compromesso che non umili l’avversario, ma come resa incondizionata che toglie dignità a popoli e nazioni, come sta avvenendo per i palestinesi e gli ucraini.
È il fallimento della giustizia perché gli stessi stati occidentali utilizzano pesi e misure diverse per contrastare e condannare chi si macchia di crimini contro l’umanità.
È il fallimento di una intera classe dirigente che negli ultimi 40 anni ha pensato che tutti possano essere in grado di fare politica, che uno vale uno, senza studio, formazione, senza capire cosa vuol dire impegnarsi in nome di altri e lavorare per il bene comune.
È il fallimento di un sistema economico e sociale dove il capitalismo sfrenato e senza vincoli voluto dal modello liberale ha permesso che l’idea di proprietà privata prevalesse sui valori e l’importanza dei beni comuni nella sfera personale, e a livello internazionale ha permesso che il modello sovranista prendesse il sopravvento, rendendo superflui gli organismi internazionali che dovrebbero garantire la convivenza tra i popoli.
La Flotilla e i suoi piccoli “don Chishotte”, che per molti sono solo dei “contestatori”, rappresentano il sussulto di dignità di noi sconfitti, falliti dell’opulento mondo occidentale, che consegniamo ai nostri figli e nipoti un mondo in declino che loro dovranno risollevare.
Lo dimostrano le piazze di questi giorni, la rabbia che manifestiamo, l’indignazione che ci prende perché loro, quelle 44 barche, insieme alle migliaia di morti innocenti che non ci fanno dormire la notte, ci stanno facendo rendere conto di cosa sta accadendo, aiutandoci a togliere la sabbia dai nostri occhi offuscati dal nostro personale interesse e un presunto benessere.
Un domani la storia si ricorderà di loro, così come noi, nei nostri momenti di saggezza, ci ricordiamo ancora di Jan Palak davanti al carro armato russo in Cecoslovacchia e del giovane davanti al carro armato cinese in piazza Tienanmen a Pechino.
La leggeranno questa storia i figli dei nostri figli o nipoti, ma in quelle pagine, oltre all’immagine di quelle 44 barche che cercano di sfondare un blocco, ricordandoci quanto sia importante la libertà di un popolo, ci sarà scritto di noi, che quella libertà rischiamo di perderla perchè non siamo stati in grado di difenderla.
Se ancora sentiamo un minimo di indignazione, siamo pervasi da un sussulto di empatia, vogliamo comunque non restare inerti, pensiamo alle tante volte in cui pensando alla seconda guerra mondiale, ci siamo chiesti: “cosa avrei fatto io, cittadino e cittadina comune, nella Germania di Hitler di fronte ai crimini contro gli ebrei?
Non c’è risposta per quel tempo, ma per il tempo di oggi ancora sì, ribellandoci con tutte le nostre energie a questa deriva…



