Il telegramma del boss

D'ali senatore

Un telegramma mandato al senatore D’Alì dal figlio, detenuto, del capo mafia, al’epoca latitante, Vincenzo Virga. Manca il riscontro, il telegramma non si è trovato, la difesa del senatore D’Alì ha prodotto accertamenti presso la casa circondariale dove il Virga jr, Francesco, era detenuto quando D’Alì avrebbe ricevuto quel telegramma, da dove si evince che nessuna corrispondenza c’è stata tra i due, ma l’ex moglie del senatore, imputato a Palermo, per concorso esterno in associazione mafiosa, ha dapprima riferito la circostanza ad una giornalista, Sandra Amurri, e poi ha ricostruito la stessa storia quando il pm Andrea Tarondo l’ha sentita quale “persona informata dei fatti”. Quel telegramma ci sarebbe davvero stato. ”Voglio precisare che io non ricordo bene i particolari di tale vicenda.  Ricordo solo che il fatto avvenne nel dicembre del 1998 mentre ci preparavamo a partire per una vacanza a capodanno sul mar Rosso, pochi mesi prima del giorno in cui ci lasciammo con il D’ALI’, il 4 aprile 1999.

In quella occasione ricordo di avere visto questo telegramma aperto sul cassettone dell’antibagno di casa nostra e di avere notato che conteneva un augurio strano del quale però non ricordo i dettagli. Ricordo solo che proveniva da un soggetto che si firmava con il cognome  VIRGA, ma di cui non ricordo il nome.  Avendo visto quel telegramma mi allarmai perché quel cognome mi ricordava tanti tipi di persone, sia piccoli imprenditori che avevano effettuato lavori relativi all’acciottolato di Erice, sia alcuni soggetti pericolosi. Ricordo che dissi a mio marito: “ma chi è questo? Che vuole?”   Lui mi rispose: ”non lo so, questo è un pazzo “ o “è un cretino”. Poi siamo partiti per l’Egitto e non ho più saputo nulla di quel telegramma”.  Il “rapporto” tra D’Alì e il boss Virga è anche spiegato dal collaboratore di giustizia Angelo Siino, il cosidetto “ministro dei lavori pubblici” di Totò Riina. “Ebbi uno scontro con Virga in quanto ero amico di Peppe Maurici (ex deputato regionale ed ex presidente del Consorzio per l’area di sviluppo industriale, oggi ai vertici dell’Ance – il sindacato dei costruttori edili di Confindustria) che gli fece uno sgarbo acquistando un’azienda che  non doveva acquistare. Virga si avvicinò ai D’Alì nel ’94 nel periodo delle elezioni, fino ad allora  non li aveva mai potuti vedere perché erano vicini ai Messina Denaro”. La deposizione della signora Aula, che fa parte dei faldoni del processo in corso (il prossimo 14 giugno i pm Tarondo e Guido concluderanno la requisitoria) consolida per l’accusa la prova dei contatti “stretti” tra il parlamentare e la famiglia mafiosa dei Messina Denaro. Il “patriarca” della mafia belicina, Francesco, morto nel 1998, e suo figlio Matteo, latitante da 20 anni, hanno lavorato alle dipendenze della famiglia D’Alì quali campieri nei terreni castelvetranesi di contrada Zangara, dove Matteo Messina Denaro pensava di riuscire a costruire la “Castelvetrano 2” sul modello (berlusconiano) della “Milano 2”. Campieri ai quali i D’Alì hanno pagato i contributi anche nei periodi di latitanza. “Preciso – ha detto al pm la signora Aula – che Francesco Messina Denaro svolgeva questo ruolo già prima che mio marito cominciasse ad occuparsi dell’azienda ed in pratica l’abbiamo trovato là…voglio precisare che  i rapporti con i Messina Denaro erano limitati al periodo della vendemmia ed erano quelli tipici con il personale dipendente stagionale”. Capitolo matrimoni. La signora Aula ha ricordato che quando Rosalia Messina Denaro si sposò con Filippo Guttadauro (fratello di Giuseppe, il medico palermitano condannato quale capo mafia, lo stesso Filippo è stato condannato per mafia ed estorsioni e al maxi processo Omega addirittura venne a difenderlo l’avv. Vittorio Chiusano ex presidente della Juventus e vicinissimo all’avvocato Agnelli) lei e il marito (“allora eravamo fidanzati”) parteciparono, ma quando furono loro a sposarsi “non furono invitati i Messina Denaro, che  inviarono soltanto un regalo costituito da centro tavola in argento a forma di coppa un po’ schiacciata”.