Nei Paesi che ricevono le maggiori quote di stranieri, l’immigrazione, secondo analisti della nostra “intelligence”, oltre che determinare effetti sui loro apparati produttivi, sulle loro future attività di politica estera e modifiche nei loro modelli di vita e nelle culture, può anche essere una forma di strategia indiretta utilizzata dai paesi poveri o cosiddetti in via di sviluppo. Per alcuni di questi, poi, incentivare l’immigrazione può servire per attenuare la pressione demografica interna e, quindi, conseguire un “sollievo” per le finanze pubbliche nazionali. Senza contare che possono diminuire i problemi di ordine pubblico collegati alla presenza di gruppi pericolosi e si trasferiscono sulle economie dei paesi più ricchi quote di sovrappopolazione che nei paesi poveri rappresentano un peso notevole sul piano economico. Naturalmente si tratta di ipotesi che si fanno in momenti di particolare criticità, come l’attuale, in cui il flusso migratorio, soprattutto dalle coste libiche verso l’Italia, è particolarmente intenso e,talvolta, drammatico con i naufragi e le morti di migranti. Un dramma che continua, purtroppo, anche dopo i soccorsi, gli sbarchi e la prima assistenza, quando, a terra, iniziano le procedure, comunque necessarie e legittime, di preidentificazione, di trasferimenti nei vari centri, di raccolta di testimonianze anche per acquisire elementi utili alle indagini, di interviste per il riconoscimento di “asilanti”. Il sistema è in forte crisi e questo lo abbiamo già detto e scritto molte volte, nonostante l’innegabile, generoso impegno assicurato in molti Comuni italiani dove sono stati smistati centinaia e centinaia di migranti per cercare di garantire condizioni minime di assistenza atteso che i vari centri di accoglienza (Cpa, Cara, Cpsa) sono saturi ed i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) hanno altra funzione. Se nel Cara di Roma, nei giorni scorsi, si è registrato qualche momento di grave tensione, nei cinque Cie (attualmente operativi a livello nazionale la situazione appare abbastanza tranquilla e la presenza media dei 1.520 stranieri (1.363 uomini e157 donne) transitati quest’anno, alla data del 17 maggio, è scesa sotto i 40 giorni. Va anche detto che per 191 persone il provvedimento di trattenimento emesso dai vari questori non è stato convalidato dai giudici di pace competenti per territorio, mentre 667 sono stati gli stranieri rimpatriati, 486 quelli dimessi per altri motivi (salute, gravidanza, accoglimento del ricorso contro il trattenimento, motivi di giustizia) e 107 si sono allontanati dai centri. A 27 stranieri è stato rilasciato un permesso di protezione internazionale.
Sulla situazione gestionale dei Cie in generale e sulle carenze sanitarie e di altro tipo ripetutamente riscontrate da vari organismi negli anni passati ( ma anche di recente), abbiamo già scritto e non staremo a ricordare queste “vergogne” e i lunghi silenzi istituzionali che le hanno accompagnate. Rimane il problema che, se si optasse per una abolizione di tali strutture ( che esistono nella maggior parte dei paesi europei ed extra europei, alle prese con il fenomeno migratorio), non si sa bene come si dovrebbero sistemare provvisoriamente persone entrate irregolarmente nel territorio nazionale da identificare per comprensibili esigenze di tutela della collettività e dello Stato. E sul punto non mi pare siano state formulate, da nessuno, soluzioni chiare.
Intanto i soccorsi di Mare Nostrum e di Frontex proseguono con immutato impegno e siamo ormai quasi a 40mila profughi ( gli ultimi 500 soccorsi in mare ieri 19 maggio dalle navi della nostra Marina Militare). Colpiscono anche il numero degli adolescenti (4.200) non accompagnati che vengono affidati a strutture sociali con i problemi immaginabili di assistenza e di tutela dei minori. Il nostro Governo, intanto, in un periodo di effervescente campagna elettorale per le europee, continua ad appellarsi all’UE ( sempre sorda, spesso distratta e ipocrita) e, più recentemente, anche all’ONU ( piuttosto lontana) sperando in un “miracolo” che non ci potrà essere perché le guerre e le rivolte nei paesi africani non sembrano finire per ora e perché sulla fame e sulle povertà di molti paesi, da dove pure si fugge, si continuano a fare inutili promesse in occasione di convegni inutili.



