Clandestino anche da morto. Alberto Franceschini, uno dei capi storici delle Br, è deceduto l’11 aprile scorso, ma la notizia è stata divulgata soltanto l’altroieri.
Franceschini viene arrestato insieme al Curcio, l’8 settembre 1974, dagli uomini di dalla Chiesa. Come giudice istruttore, l’interrogai insieme al pm Bruno Caccia. Curcio si limitò a consigliarmi la lettura di Heinric Böll, Franceschini, invece, si dichiarò rivoluzionare di professione e provocò chiedendomi della mia appartenenza a Magistratura democratica, e lasciando intendere che avrei dovuto essere dalla sua parte. Risposi a muso duro e cambiò discorso. Caccia invece (conservatore illuminato con idee diverse dalle mie) non smetterà mai di prendermi in giro per quell’episodio.
Franceschini tornerà a occuparsi di me altre volte, in forme decisamente esagerate e fastidiose: con un’aggressione fisica durante un interrogatorio nelle carceri di Saluzzo e poi raccontando cose false nel libro Mara Renato e io.
Ho sempre pensato che il vero capo delle Br fosse proprio lui, perché sapeva riunire elaborazione intellettuale (al pari di Curcio) con l’azione, dove Curcio invece aveva notevoli lacune.
Le Br ebbero un processo di “curcizzazione” dopo la clamorosa evasione di Curcio dal carcere di Casale Monferrato (mentre il piano per Franceschini da Novara rimase inattuato). Su Curcio poi si rifletteva il carisma della moglie Mara Cagol, trasformatosi in mito nelle Br oltre e dopo la sua morte. Di questa “curcizzazione” Franceschini non sembrava troppo contento.
Forse da qui nasce la sua tendenza degli ultimi tempi a leggere le vicende delle Br in chiave complottistica.
E dire che anche Franceschini sapeva farsi valere, tant’è che gli autori di un filmato sull’avvocato Croce, ucciso dalle Br, scelsero lui come voce narrante. Lui, che insieme agli altri Br detenuti, sicuramente aveva visto con favore se non caldeggiato quell’omicidio.
Fonte: Il Fatto Quotidiano



