Arturo è un bimbo la cui crescita è puntellata da bombe, sparatorie e ammazzatine, che vive nel mito di Giulio Andreotti finché non capirà quale sia il suo ruolo nella storia d’Italia. Gli anni passano e via via la sua consapevolezza diventa sempre più solida: vuole vivere la sua Palermo, vuole raccontare una storia diversa da quella che ha subìto, vuole contribuire a cambiare le cose. Questo film è un vero e proprio romanzo di formazione. Che comincia con il suo concepimento e si conclude con la sua paternità. Il bimbo (suo figlio) che alla fine del film viene portato in pellegrinaggio tra le lapidi che ricordano i martiri della Repubblica, uccisi da Cosa Nostra negli ultimi quarant’anni, è un chiaro messaggio di come si debba fondare l’impegno di noi tutti a partire dalla memoria di ciò che è stato.
Anche la dedica iniziale va in questa direzione, rivolgendosi alla Catturandi di Palermo e ad Addiopizzo, realtà fatte di persone che non si arrendono a ciò che è stato ma lavorano giorno dopo giorno per andare in un’altra direzione, per dare un altro senso alla Storia.



