La separazione delle carriere: firma Nordio, copyright Gelli

Nordio

La (pseudo)riforma della separazione delle carriere fra Pm e Giudici sta registrando una forte accelerazione.

Il ministro Nordio ne sembra ossessionato e proprio su questo tema si può cogliere quella che il professor Flick chiama “una latente voglia di rivalsa” contro gli ex colleghi magistrati. Pur di far accettare la separazione, il ministro si dice certo che migliorerà il funzionamento della giustizia, mentre è vero il contrario.

Per puntare a questo obiettivo ci vogliono vere riforme (del processo) e non incantesimi verbali.

In ogni caso, gigioneggiando con il suo passato di Pm, Nordio si offre come scudo umano contro i gravi pericoli che la separazione (a detta di chi la analizza con obiettivo distacco) comporta, garantendo che non vi sarà, né potrebbe mai esservi, una qualche forma di dipendenza del Pm dall’esecutivo.

Al Ministro non interessa che la separazione sia storicamente “targata” Licio Gelli. E men che mai  lo preoccupa il fatto che il venerabile maestro i magistrati non si accontentava di asservirli: se li voleva proprio comprare. Come dimostrano il “Piano d rinascita democratica” elaborato da Gelli e la sentenza 9.2.83 del Csm che condannò alla radiazione il vertice della corrente più moderata dell’ANM, che raggruppava allora oltre il 40%  dei magistrati.

Per contro, la necessità assoluta di discostarsi in toto dal piduista Gelli è persino ovvia. Se si vuol evitare di avere i pozzi avvelenati nel momento stesso in cui si comincia a parlare di separazione.

Si tratta di  un fattore pregiudiziale che investe l’ammissibilità sul piano democratico della proposta stessa di separazione, prima ancora di esaminarla nel merito. Nordio però non sembra per nulla disponibile a sminare il terreno da questa esiziale insidia.

Come a dire che “Francia o Spagna purché se magna”: ovvero che volendo a ogni costo portare a casa la separazione, la partita si può giocare anche prendendo a calci quel poco che resta del “fair play” democratico. E così non solo il danno: anche le beffe!

Fonte: Il Fatto Quotidiano