Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto si celebra il Giubileo dei giovani. Perché non sia solo un grande evento, senza un prima e un dopo, forse occorrerebbe chiedersi se abbiamo creato le condizioni per un futuro di speranza per i giovani. A guardarsi intorno in questi mesi e in questi anni sembra esserci in atto una sorta di involuzione.
Milioni di giovani in molte parti del mondo si vedono rubare il futuro a causa di guerre, violazioni dei diritti umani, genocidi mascherati, disuguaglianze sempre più discriminanti. Sono loro a chiederci ragione della speranza che gli viene negata.
Scriveva papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti: «In questo mondo che corre senza una rotta comune, si respira un’atmosfera in cui “la distanza fra l’ossessione per il proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa sembra allargarsi: sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma. […] Perché una cosa è sentirsi costretti a vivere insieme, altra cosa è apprezzare la ricchezza e la bellezza dei semi di vita comune che devono essere cercati e coltivati insieme”». (n.31)
Il futuro si costruisce insieme e la speranza di futuro ha radici in un presente condiviso. I giovani rifugiati che bussano alle porte del “nostro” Occidente non sono ladri di futuro, ma cercano di inseguire i propri sogni e la speranza in un futuro migliore.



