La vita a Gaza: oltre la morte, la vita come resistenza e speranza nel futuro

Gaza vita

Chissà quanti di noi si chiedono come possa essere possibile ancora la vita nella striscia di Gaza…

Una vita che abbia ancora un sussulto di dignità mentre milioni di persone, in fuga da una parte all’altra di un fazzoletto di terra, sono costrette a dormire all’aperto, a non avere un muro dove proteggersi che non sia un telone di una tenda, senza servizi igienici e dove il solo procurarsi del cibo diventa un’impresa che puoi soddisfare solo se hai da parte molti soldi.

La ricerca di un po’ di pane e cibo diventa invece un “affare” per chi gestisce il mercato nero, perché alcuni prodotti e cibi arrivano, si trovano, arricchendo coloro che li “trattano” e li fanno pagare a prezzi d’oro.

Tutto avviene mentre si fa concreto un possibile cessate il fuoco, e si parla finalmente di un accordo tra Hamas e Israele, di una tregua imminente che darebbe comunque la possibilità di un sospiro di sollievo, anche se ormai la devastazione è quasi totale e il ronzio assillante dei droni sul cielo della striscia non si ferma un attimo nelle lunghe giornate degli abitanti di Gaza.

C’è chi la Striscia di Gaza e la Cisgiordania le conosce molto bene per esserci andata diverse volte, aver intessuto relazioni e rapporti che ancora durano nel tempo, come Mariella Pala, attivista in Palestina dal 2010 al 2014. Lì, insieme ai palestinesi, ha raccolto le olive, ha accompagnato iI pastori beduini a pascolare  i greggi nelle colline a sud di Hebron, i contadini della striscia di Gaza nelle raccolte del grano e i bambini che andavano a scuola a Hebron, per evitare che queste persone venissero attaccati dai coloni ebrei.

 “A Gaza a maggio una volta c’era la raccolta del grano e i contadini palestinesi venivano attaccati dagli israeliani quando andavano al lavoro – ci racconta – Noi stavamo lì con loro perché in questo modo non li attaccavano perché noi attivisti internazionali facevamo da scudo umano e documentavamo le violenze”.

Da ottobre del 2023 non è più possibile andare lì, neanche la Cisgiordania è più una terra visitabile, tanti sono i rischi che si corrono.

Grazie al rapporto e alle relazioni che abbiamo creato riusciamo ad essere lo stesso utili – ci spiega Mariella – Da allora mandiamo soldi a Gaza per aiutarli a resistere. Per 2 anni hanno resistito a casa loro soffrendo la fame. Ma ora sono dovuti andare via. Grazie al movimento che abbiamo messo in piedi riusciamo ora a coprire 9 famiglie per un totale di 120 persone e solo nei mesi di agosto e settembre 2025, (periodo di dichiarata carestia secondo le Nazioni Unite, abbiamo inviato loro quasi 20.000 euro. 

Purtroppo anche in questo caso c’è chi specula su questi aiuti. Infatti i soldi arrivavano direttamente sui loro conti correnti bancari, ma le varie donazioni vengono intercettate da degli intermediari che prendono cifre esorbitanti di commissione, che vanno dal 25% al 50℅ della somma totale inviata.

Con quanto rimane occorre poi andare a comprare i generi alimentari al mercato nero, dove i prezzi sono fuori controllo e per molte persone comprare cibo è impossibile.

Anche gli spostamenti dal nord al sud della striscia di Gaza, come è avvenuto nelle ultime settimane per alcune di queste famiglie seguite da Mariella, hanno costi altissimi, come lei stessa ci spiega: “le famiglie che seguo sono uscite da Gaza City e si trovano ora nel centro della striscia. Uno spostamento di poche decine di chilometri hanno dovuto pagarlo a peso d’oro, quasi 2000 euro per arrivare dove oggi si trovano

Il racconto viene direttamente da loro, in questo caso da Ahmed, a capo di una famiglia di 30 persone: “Mia amata sorella Mariella, Grazie di cuore, non abbiamo davvero parole per descrivere quanto apprezziamo quello che state facendo per noi. Stiamo tutti bene, ci sei mancata e abbiamo bisogno di te. Quando abbiamo provato a trasferirci a sud, abbiamo spedito alcune delle nostre cose di prima necessità con un piccolo camion. Ma mentre caricavamo, l’esercito israeliano ha iniziato pesanti attacchi aerei e i droni hanno iniziato a sparare a persone ed edifici. Siamo stati costretti a lasciare tutto per strada e a scappare per salvarci la vita. È stato un viaggio estenuante e triste. Alla fine, abbiamo pagato 1.900 dollari solo per trasportare alcune cose necessarie alla sopravvivenza: coperte, materassi e cuscini. La prima notte abbiamo dormito su un terreno vuoto sotto il cielo. Il giorno dopo abbiamo trovato un pezzo di terra, ma il proprietario ci ha chiesto 1.000 dollari al mese. Non abbiamo avuto altra scelta che accettare, perché l’unica altra opzione era la strada. Ora viviamo lì senza acqua e senza tende. Ogni giorno dobbiamo comprare l’acqua, circa 20 dollari, e il cibo, che costa almeno 50 dollari. Dato che i prezzi sono così alti, siamo costretti a comprare solo le cose più economiche. Abbiamo anche bisogno di legna per accendere il fuoco e cucinare. La vita qui al sud non è buona per noi. Tutto costa denaro e mi sento uno straniero nel mio paese”.

La seconda lettera è della famiglia di Marwa composta da una decina di persone: “Cara Mariella, ho ricevuto i soldi che ci avete inviato. Era la mia unica speranza di sopravvivere e li ho condivisi con la mia famiglia. Per vostra informazione, la percentuale di prelievo dei 2.500 euro è del 53%, il che significa che più della metà del denaro è andata al negozio che mi ha fornito i contanti. Ho comprato del cibo necessario e i volti dei miei figli si sono illuminati di gioia per la prima volta dopo tanto tempo. Ma purtroppo, questo cibo basterà solo per una settimana. Questi sono i prezzi che abbiamo dovuto pagare: Pasta, 2 kg – 30 $ Farina, 6 kg – 126 $ Olio, 2 litri – 64 $ Pomodoro, 500 g – 44 $ Manzo, 250 g – 25 $ Datteri, 2 kg – 66 $ Latte, 400 g – 52 $ Sardine, 200 g ciascuna – 100 $ in totale Riso, 1 kg – 46 $ Fagioli, 250 g ciascuno – 30 $ in totale Legna per il fuoco, 5 kg – 15 $ Totale: 598 $. Grazie ancora Mariella, il vostro aiuto non è solo denaro, è la vita stessa per noi. Ci hai dato la forza di affrontare un altro giorno e ve ne saremo per sempre grati”.

Il mercato nero è supportato da Israele che permette alle fazioni  anti Hamas di scortare con uomini armati i camion con il cibo che vanno al mercato nero.

Come dire tutto si lega, e dalle bombe, ai droni, ai carri armati si passa all’altra guerra, quella che ti affama, ti impedisce di avere una casa, ti spinge ad andartene.

I conflitti, i genocidi, come in questo caso, creano distruzione e morte, annientano intere generazioni di persone, alle quali non si riconosce il diritto alla vita. In poche ore si deve abbandonare tutto, case, oggetti cari, quello che ti sei costruito in una vita di lavori e sacrifici.

Al tempo stesso rendono sempre più ricchi non solo coloro che vendono armi con il benestare dei governi, ma anche coloro che, non facendo arrivare aiuti umanitari, se ne appropriano e si arricchiscono attraverso il mercato nero; poi ci sono gli intermediari bancari che intercettano i soldi inviati da tanti cittadini sensibili a quanto sta avvenendo nella striscia di Gaza, e chi ha la fortuna di avere ancora un mezzo per poter trasportare da una parte all’altra della striscia le famiglie che possono permetterselo.

Anche questi sono aspetti che esplicitamente fanno parte di un conflitto dove un esercito spara senza remore sui civili, e un governo, come quello israeliano, rende impossibile, in quella terra, la vita dei palestinesi, costringendoli a migrare e a lasciare i luoghi dove sono nati e vissuti.

Tuttavia, non dobbiamo smettere di sostenere economicamente le persone che possono arrivare direttamente alle famiglie che vivono nella striscia di Gaza. Anche se di quei soldi ne riceveranno meno di quanto doniamo, e molti saranno spesi per arricchire chi li fa mercato nero. Quelle gocce permettono a queste persone di resistere, di poter sperare in un futuro, oggi ancor di più, se il cessate il fuoco e il ritiro dell’esercito israeliano, con il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas sarà non solo nelle parole dette in queste ore, ma nella sua concretezza nelle settimane e nei mesi che seguiranno.

E la speranza viene anche dalle parole di Ammar che è a Firenze da maggio 2025, dove è arrivato con tre figli mentre la moglie e il figlio Issa sono arrivati a febbraio 2024 con un corridoio sanitario. Lui ha scritto questo messaggio a Mariella, dopo che ha visto la grande partecipazione del popolo italiano alle manifestazioni per la Palestina di questi giorni. Le ha scritte pensando a tutti quelli che in qualche modo non si stanno girando dall’altra parte, rifiutando l’indifferenza:“A quella parte del popolo italiano che ha rifiutato di tacere di fronte a un mondo sordo alla nostra distruzione. Vi diciamo grazie per non essere stati spettatori, non indifferenti sapendo che e le nostre lacrime sono salate come le vostre.  Dove la complicità abbonda voi avete dimostrato solidarietà. I bambini uccisi dal paradiso, vi sorridono avvolti nei loro sudari. Aspettiamo di non essere dimenticati e grazie a chi ha pianto sentendo i nostri nomi anche se non ci conoscete”. 

La speranza è in queste parole, vive grazie anche al nostro sostegno, alla loro resistenza, al nostro sentirci vicino al popolo palestinese.

Il sogno è che un domani non molto lontano attraverso il diritto all’autodeterminazione di un popolo, possa esistere uno stato palestinese nella loro terra, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.

Accanto a loro possa esistere la nazione di Israele, sperando che la sua popolazione abbia la forza di liberarsi dai criminali che oggi la stanno guidando e abbia il coraggio di dismettere la sua politica di apartheid e di colonialismo.

Solo così sarà pace…