Duro colpo ai boss dell’Acquasanta, storico gruppo mafioso, tra i più influenti nella città di Palermo. La Dia ha disposto oggi l’arresto di sei persone accusate, a vario titolo, di essersi insinuate nelle attività dei cantieri navali di Palermo. Un’indagine complessa, quella dell’intelligence antimafia del centro operativo palermitano, conclusasi con le ordinanze di custodia cautelare disposte dal Gip Piergiorgio Morosini, su richiesta del procuratore aggiunto della Dda di Palermo Vittorio Teresi e del sostituto procuratore Pierangelo Padova.
Chiave di volta dell’indagine, in base alle risultanze investigative della Dia, sarebbe Giuseppe Corradengo, passato nel giro di pochi anni da operaio nei cantieri navali, a facoltoso imprenditore capace di prendere commesse anche in alcuni cantieri del nord Italia. Corradengo, secondo l’accusa, sarebbe strettamente legato con la cosca dell’Acquasanta, e in modo particolare con il clan Galatolo. A finire in manette, oltre all’imprenditore, anche Vito Galatolo, boss dell’omonima famiglia da sempre interessata alla gestione dei cantieri navali.
A dare impulso alle indagini le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo Fontana, in passato esponente di punta dell’Acquasanta, che ha indicato agli inquirenti i legami esistenti tra Corradengo e Galatolo. Quella dei Galatolo non è una storia nuova. Della cosca, e degli interessi sui cantieri navali di Palermo, se ne occupò con un’apposita relazione la Commissione antimafia nella XIII legislatura. Il relatore Alfredo Mantovano si servì della collaborazione proprio di Vittorio Teresi, più volte ascoltato dall’antimafia.
Riferendo ai colleghi della Commissione nella seduta del 26 gennaio 1999, così Mantovano definiva la situazione del porto: «I cantieri navali di Palermo già all’inizio del secolo risultano controllati in qualche modo dalla famiglia dei Galatolo. (..) Quindi, da quasi un secolo i Cantieri navali di Palermo nel rione dell’Acquasanta sono sotto il controllo di Cosa nostra, e in particolare della famiglia dei Galatolo che ne accentua il controllo dall’inizio degli anni ’70».
Una presenza secolare, secondo la Commissione, che ha dato a Cosa nostra la possibilità di controllare un settore strategico nello scacchiere geopolitico mediterraneo. «Gli effetti di questo controllo sono plurimi – continua Mantovano – non vi è soltanto una grave alterazione del mercato, dal momento che nella gran parte dei casi le ditte in qualche modo collegate al giro fruiscono dell’assegnazione degli appalti. Vi è qualcosa di molto più grave. Si è di fronte ad un vero territorio franco, libero da qualsiasi controllo dello Stato in una zona strategica, non soltanto per Palermo, ma per la Sicilia e per il Mediterraneo – e lo ripeto – sottoposto al controllo specifico di questa famiglia. Si può affermare che i Galatolo controllano un vero e proprio mercato criminale, parassitario, inserito nella realtà produttiva dei cantieri attraverso una aggregazione di forza lavoro ed una schiera di società che sono sotto il loro diretto controllo».
Era il 1999, quattordici anni dopo ancora una volta Galatolo sono al centro degli affari del porto di Palermo.



