“Le stragi sono continuate perché i fascisti non si sono mai redenti, e ora vogliono l’oblio”

Lodato roma

Il giornalista e scrittore Saverio Lodato presenta a Roma il suo ultimo libro “Stragi d’Italia”: “Lo Stato era alle spalle della mafia, non dietro le nostre”

Con la caduta del regime, il ministro della Giustizia del Partito Comunista, Palmiro Togliatti, decretò l’amnistia per molti fascisti: una sorta di diritto all’oblio, fondato sulla speranza in un cambiamento concreto e nella ricostruzione di una società in ginocchio dopo il ventennio e dopo una guerra mondiale. Una decisione che però l’Italia repubblicana pagò a carissimo prezzo, perché lo spirito reazionario e autoritario delle camicie nere, nel frattempo reintrodotte in Parlamento sotto le mentite spoglie del Movimento Sociale Italiano, non scomparve mai. Tutt’altro: per decenni i neofascisti organizzarono attentati terroristici e stragi che destabilizzarono il potere con lo scopo di rovesciare la Repubblica.

Oggi, quella fiamma tricolore di ispirazione missina è al governo e chiede a gran voce che, sulle pagine più nere della storia di questo Paese, venga nuovamente esercitato un diritto all’oblio. È questo l’allarme che un puntuale e attento Saverio Lodato ha lanciato ieri sera dal Teatro Garbatella di Roma, in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Stragi d’Italia. Il caso Almasri e tutto quello che Giorgia Meloni e il governo non vogliono ammettere” (ed. Fuoriscena), scritto assieme all’avvocato Luigi Li Gotti.

“Il ministro della Giustizia Nordio ha recentemente dichiarato che ci sono dei casi in cui la giustizia si deve arrendere quando la storia si fa troppo vecchia. A Palermo diremmo: ‘è meglio levarci mano’. A me ha colpito molto questa sottolineatura del diritto all’oblio. Togliatti fu autore di una legge che concedeva l’amnistia a tutti coloro i quali erano reduci dalla fine della seconda guerra mondiale, essendosi però trovati schierati dalla parte dei perdenti. Vale a dire: dalla parte della Repubblica Sociale Italiana nel Nord Italia, dalla parte del Partito Nazionale Fascista, della Polizia Segreta del Fascismo, dell’Ovra”, ha ricordato l’autore del libro.

“Io trovo che tutto questo sia singolare, perché il filo conduttore tra una figura e l’altra apparentemente potrebbe essere il diritto all’oblio. Così come Palmiro Togliatti, Partito Comunista di allora, con l’appoggio della Democrazia Cristiana di De Gasperi, decisero di salvare l’ottanta per cento dei fascisti. Si scommetteva sul fatto, cioè, che quella parte del Paese che si era trovata dalla parte sbagliata della storia, in buona o in cattiva fede, avrebbe avuto l’occasione di redimersi. Ma anche quella era una forma di diritto all’oblio”, ha puntualizzato Lodato.

“Parlo di questo perché, quando Giorgia Meloni dice spiritosamente, facendo le moine, ‘eh ma io non ero nata al tempo del fascismo’, dice la sacrosanta verità. Questo libro, infatti, parla del fascismo in Italia dopo la caduta del fascismo, fino ai giorni nostri. E in questi 80 anni Giorgia Meloni alcuni pezzi di questa storia li ha vissuti. Era nata, era giovincella, era forza di opposizione in questo Paese. Quindi a noi interessa oggi sapere cosa hanno fatto i fascisti negli 80 anni che ci separano dalla liberazione sino ai giorni nostri. Cosa hanno fatto? Tradendo quello che era il sogno, probabilmente azzardato, del Partito Comunista di allora, cioè che i lorsignori si potessero redimere. Molti di loro non si sono redenti, hanno continuato, perché se no non ci spiegheremmo quella teoria sterminata di stragi, per arrivare oggi, ottant’anni dopo, a un ministro della Giustizia di un governo di centrodestra che anche lui rivendica il diritto all’oblio”. “Noi – ha detto il giornalista e scrittore – non vogliamo obliare”.

A seguire, Saverio Lodato ha parlato anche degli ultimi sviluppi investigativi sul delitto di Piersanti Mattarella, con l’arresto per depistaggio dell’ex funzionario di Polizia Filippo Piritore da parte della procura di Palermo. “Io, quando venne assassinato Piersanti Mattarella, ero a Palermo, lavoravo al quotidiano L’Ora”.

Il giornalista ha quindi ricordato le riflessioni sul delitto di due volti storici siciliani: Leonardo Sciascia e Pancrazio De Pasquale. “Sciascia, all’indomani dell’uccisione di Mattarella, disse: ‘Questo è un delitto terroristico-mafioso in cui si intravede la presenza di pezzi dello Stato’. E quasi in carta carbone, Pancrazio De Pasquale – ha ricordato Lodato – fece l’esatta e identica diagnosi di Leonardo Sciascia. Entrambi sentirono puzza di bruciato in quei delitti. Noi, per 45 anni – e qua mi ci metto io, ma ci si possono mettere tanti altri miei colleghi, anche il collega Attilio Bolzoni, che ci ha manifestato la sua presenza questa sera (il giornalista ha chiesto a Lodato di leggere un messaggio alla sala, ndr) – e anche tanti giudici abbiamo creduto di combattere la mafia nella convinzione di avere alle spalle uno Stato che sosteneva la lotta alla mafia. Andando avanti negli anni, di che cosa ci siamo accorti? Che cadeva un velo tra noi, i mafiosi che avevamo di fronte, e quello che stava dietro i mafiosi. Era dietro i mafiosi che stava lo Stato. Lo Stato non stava alle nostre spalle. Era esattamente una prospettiva capovolta. E da qui sono nate poi le grandi stagioni dei veleni, dei depistaggi, degli attentati in cui sono stati assassinati i magistrati. Perché chiediamoci una cosa molto semplice – ha aggiunto l’autore del libro -: la mafia sarebbe stata capace di fare gli attentati, ma la mafia non sarebbe riuscita a spaccare i palazzi di giustizia, non sarebbe riuscita a infiltrarsi dentro la magistratura”.

E, venendo al delitto Mattarella, “se quest’altro ‘smemorato di Collegno’ raccontasse davvero dove è finito il guanto dei killer, noi avremmo una chiave che aprirebbe tante porte. Io – ha concluso sul punto Lodato – più che il mafioso pentito, e ne abbiamo avuti tanti mafiosi pentiti, oggi vorrei un funzionario di Stato pentito. Anche un piccolo prefetto di polizia che vuotasse il sacco. Ma loro sanno che i primi che verrebbero fatti fuori sono loro, perché lì scatterebbe il diritto all’oblio, quello vero, quello pesante”.

Verso la conclusione, Saverio Lodato si è poi rivolto al presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che ieri sera era tra i relatori dell’evento. “Io, come dicevo, da 50 anni mi occupo di queste cose. Non so quanti governi ho visto e non so quante volte in quegli anni si diceva: ‘Il governo ha messo la lotta alla mafia al primo punto all’ordine del giorno’. A un certo punto – ha ricordato lo scrittore – la parola ‘lotta alla mafia’ è scomparsa definitivamente dalle agende di governo. E di conseguenza, il complimento che io voglio fare al presidente Conte è di dire che apre una strada: il presidente di un partito che parla pubblicamente di un argomento assai scabroso, assai delicato, che non so se porti voti o non ne porti, ma che sicuramente restituisce dignità alla politica. Vorrei, in alternativa a questo governo, quello che voi chiamate un ‘campo largo’ o un ‘campo giusto’. Un campo che fosse talmente largo per cui, alla prossima iniziativa su questi temi scabrosi, il coro sia molto più politicamente ampio”.

Fonte: ANTIMAFIADuemila



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