«La nostra è una scelta chiara e trasparente, nessun “inciucio”». Il senatore Beppe Lumia risponde cosi, alle accuse mosse in questi giorni dai colleghi Enzo Bianco (che ha minacciato di autosospendersi dal partito), Leoluca Orlando (Idv) e Claudio Fava (vedi intervista a lato) in merito all’appoggio del Partito Democratico al quarto governo Lombardo, in Sicilia. Si tratta di una scelta che è stata fatta – dichiara Lumia per «ripristinare le normali regole democratiche in Sicilia, smontare un sistema clientelare che soffoca questa società, restituire ai cittadini la libertà di scegliere alle urne, anche una alternativa progressista». Si tratterebbe di un governo “tecnico” con degli obiettivi e delle caratteristiche ben precise, dunque e non di una alleanza politica. Con il senatore Beppe Lumia, in viaggio fra Roma e Palermo, abbiamo cercato di capire le ragioni di questa scelta dirompente che, se vincente, potrebbe cambiare il volto della regione, ma che, se dovesse fallire, segnerebbe un punto di non ritorno per la coalizione di sinistra in Sicilia.
Senatore Lumia, dite di essere in un “governo tecnico” ma nei fatti c’è una maggioranza politica e lo stesso governatore a guidarla per la quarta volta, può spiegarci meglio?
La nostra scelta è chiara e trasparente, ciò nonostante non è stato facile. Oggi però non ci sono dubbi che all’interno del nuovo governo Lombardo ci siano competenze tecniche che non hanno mai avuto, in Sicilia, un ruolo centrale. Faccio alcuni esempi. L’assessore alla Sanità, Massimo Russo, magistrato antimafia con un percorso importante, è stato l’animatore di un cambiamento dirompente per gli equilibri politici dello stesso governo. Ha messo le mani sulla sanità e ha smontato un sistema di potere che da anni era in vigore. La Sicilia oggi, grazie a queste nuove scelte, non è più nella «black list» delle regioni con milioni di debiti nel sistema della sanità pubblica. Economia e sviluppo: a gestire un settore delicatissimo, anche perché nel mirino degli investimenti mafiosi, è stato scelto Marco Venturi, artefice, insieme a Lo Bello, della svolta decisiva che vede oggi gli imprenditori in prima linea nella difesa del proprio diritto ad una economia libera (“Fuori da Confindustria chi paga il pizzo”) e che ha messo in campo un sistema di incentivi alle imprese che sta cercando di rilanciare le aziende siciliane. E poi, ancora, l’assessore Caterina Chinnici, figlia dell’inventore del pool antimafia, che è alla guida degli enti locali, ovvero un sistema spesso sotto il giogo del potere mafioso che va scardinato. A gestire il sistema delle energie rinnovabili, e dei rifiuti, nodo centrale in cui convergono interessi mafiosi e imprenditoriali, Giosuè Marino, già Prefetto e anche Commissario straordinario antiracket e con lui un «Piano rifiuti» che è all’avanguardia rispetto agli standard europei.
Innegabile che il governo Lombardo quater abbia a disposizione tecnici di alto valore ma in democrazia quando non si ha più la maggioranza, si va a nuove elezioni, anziché cambiare il governo e il programma per quattro volte, perché questo non accade in Sicilia?
Di fronte alla crisi di governo potevamo fare scelte diverse. Potevamo andare alle elezioni, e restituire l’elettorato al vecchio sistema clientelare di Cuffaro, perdendo l’occasione delle riforme. Questo avrebbe forse dato qualche poltrona in più a qualche assessore di sinistra che è rimasto fuori (e che ora critica il nostro operato). Potevamo scegliere di appoggiare un governo politico, in quel caso, il Partito democratico sarebbe entrato nella «stanza dei bottoni» e avrebbe fatto «un’alleanza» con Lombardo. Non abbiamo fatto né la prima, né la seconda. Non abbiamo un solo assessore del Partito dentro questa nuova Giunta, ma non abbiamo voluto nemmeno perdere un’occasione storica per le riforme di cui la Sicilia ha bisogno. La nostra scelta non prevede scorciatoie ma una strada lineare che porti al cambiamento, lo stesso per il quale ci siamo sempre impegnati in tanti anni, con rigore e continuità.
Lei vuol dire che questa è una scelta di transizione per mettere i cittadini nelle condizioni di arrivare a nuove elezioni?
Esatto. Questa è il nostro obiettivo. Smontare un sistema di potere come quello che tanti anni ormai attanaglia non sono la cosa pubblica ma anche le scelte degli elettori, significa restituire ai cittadini la possibilità di scegliere, di farlo senza essere ricattabili. Noi in dieci anni ci siamo candidati più volte alla guida della regione, appoggiando la candidatura di Leoluca Orlando, poi la bella candidatura di Rita Borsellino, e infine, quella della deputata, Anna Finocchiaro: abbiamo sempre perso. E’ giunto il momento di capire che questo è anche dovuto ad un problema all’interno del sistema democratico siciliano, serve prima ripristinare le regole generali e poi proporre un’alternativa di governo, progressista, come siamo intenzionati a fare.
Quando nella primavera del 2008 Lombardo venne eletto, ottenne la fiducia su un programma, che almeno sulla carta, era alternativo al vostro. Delle due l’una: o Lombardo sta facendo scelte che non erano previste dal programma, tradendo il mandato degli elettori, o le vostre piattaforme di governo non erano alternative … può spiegarci cosa è accaduto?
Nel 2008 ci presentammo con due diversi programmi elettorali. Il Partito Democratico, che aveva candidato Anna Finocchiaro alla presidenza, non ottenne il consenso della maggioranza dei siciliani. Il Governo Lombardo invece sì, ma andò subito in crisi, e oggi siamo giunti alla quarta giunta in pochi anni. Un passaggio è però fondamentale: la crisi della maggioranza avvenne quando il presidente della Regione siciliana scelse di mettere il magistrato Massimo Russo alla guida dell’intoccabile settore della Sanità. Individuammo lì, in quella scelta strategica e centrale, l’elemento del cambiamento che ha permesso oggi di lavorare per riforme condivise. In sostanza – secondo lei – è avvenuta una “conversione politica” di Lombardo che ha cambiato, in corso d’opera, il volto di questo governo.
Ma continua ad esserci una proposta di sinistra dopo questa esperienza o è cambiato qualcosa nel panorama storico-politico della regione?
C’è una proposta e rappresenta il nostro obiettivo futuro. Quello che serve adesso – e faccio un appello in questa direzione – è che ci sia massima coesione, soprattutto fra le forze di sinistra, per portare avanti questa stagione di riforme che è centrale, direi storica, per poter ripartire, con elettori liberi di scegliere un programma di governo. La crisi del Pdl Sicilia, lacerato nella regione da (almeno) tre diverse correnti è stata – secondo alcuni – l’anteprima della fine del governo Berlusconi.
L’Mpa, però, a Roma sostiene ancora il premier, come si concilia questa doppia alleanza, da un lato voi, dall’altra il Pdl?
Questa nostra scelta è stata fatta ponendo condizioni precise. Il nostro appoggio a questo governo tecnico per le riforme passa attraverso alcuni punti chiave: l’Mpa ritirerà la sua delegazione dalla maggioranza di governo a Roma, sottraendo di fatto, il suo sostegno al Governo attuale. Con una sola mossa, abbiamo centrato due obiettivi: una stagione di riforme in Sicilia, e la fine del “regime” berlusconiano nel Paese.
Le altre condizioni?
La prima è che l’operato di Lombardo sia ineccepibile. E che sui fatti sui quali emergono ombre, il governatore sia chiaro e risponda, punto per punto, a tutto ciò che emerge.
Io sono stato uno dei più acerrimi nemici e severi critici, in questi anni, del sistema clientelare e non ho risparmiato richiami e osservazioni anche a Lombardo. La seconda l’ho ripetuta più volte: avanti tutta con le riforme che possano vederci coesi con l’obiettivo di smontare un sistema, quello “cuffariano”, che ha bloccato una regione intera e soffocato le scelte dei cittadini.
Qualora venissero confermate le circostanze emerse nella recente inchiesta “Iblis”, su mafia e politica a Catania, proprio in relazione all’operato di Lombardo, rimane una evidente contraddizione fra la vostra richiesta di legalità e trasparenza e l’appoggio ad un governo che (sempre stando all’inchiesta) pare sia stato eletto con “la benedizione dei boss catanesi”?
Diamo per buona, l’inchiesta del Ros, firmata da Giampaolo Ganzer – condannato a Milano in primo grado a 14 anni per traffico di droga. E diamo anche per certa la scelta della Procura di Catania di non emettere nei confronti di Lombardo alcun procedimento giudiziario, poiché non ci sono elementi a suo carico. Ciò premesso, nella carte dell’inchiesta Iblis alcuni boss parlano fra loro della famiglia Lombardo, ma non c’è alcun collegamento diretto fra le cosche e il presidente della Regione. Inoltre, proprio alcune delle intercettazioni di imprenditori e mafiosi, lamentano questa «chiusura e inaccessibilità » che avrebbero riscontrato in Raffaele Lombardo, una volta giunto alla presidenza della Regione.
A dire il vero nelle carte c’è questo e molto altro e un ruolo centrale svolto dal fratello di Lombardo, Angelo, deputato nazionale. Più volte in altri casi, il Pd di fronte agli stessi elementi ha posto la questione morale, ancor prima che si pronunciasse la magistratura. In cosa differisce questo caso?
Io ho fatto una lunga e solitaria battaglia anche nel mio partito quando si sono presentati casi di “inopportunità” politica a ricoprire ruoli o a stare in un partito. Tutti ricorderanno la mia scelta su Crisafulli (Vladimiro Crisafulli, Pd – accusato di aver avuto contatti con i boss di Enna, ndr). Mi dispiace leggere su L’Unità ( in un articolo a firma di Claudio Fava) che pur di attaccare questo appoggio al governo Lombardo si riabiliti la figura di Crisafulli. Per quanto riguarda Lombardo, senza dubbi, se dovessero emergere circostanze diverse e ulteriori a quelle attuali, faremo una scelta naturale in linea con quello che abbiamo sempre fatto, negheremo l’appoggio al Lombardo quater.



