Lotta alle mafie, l’importanza della memoria

Strage capaci

L’anniversario. Il ricordo di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani e di tutte le vittime innocenti

Come un terremoto. Alle 17 e 56 minuti del 23 maggio 1992 i sismografi dell’Osservatorio geofisico di Monte Cammarata, in Sicilia, registrarono una forte onda d’urto.

A provocarla non era stato un terremoto, ma l’esplosione potentissima che uccise il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre uomini della loro scorta: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Giovanni Falcone era stato l’esponente principale del pool di magistrati che a partire dal 1986, sotto la guida di Antonino Caponnetto, aveva istruito il maxiprocesso contro Cosa nostra.

Grazie alla tenacia investigativa di Falcone e del suo amico e collega Paolo Borsellino, e grazie anche alle informazioni fornite da collaboratori di giustizia del calibro di Tommaso Buscetta, il pool aveva portato in giudizio quasi cinquecento mafiosi. Per celebrare il processo era stato necessario costruire una speciale aula blindata a ridosso dell’Ucciardone, il carcere di Palermo. Mai infatti erano stati condotti alla sbarra così tanti mafiosi, e mai per rispondere della stessa accusa: far parte dell’associazione segreta criminale nota come Cosa nostra.

Ecco la grande intuizione: non più solo processi per specifiche azioni mafiose, ma indagini complesse, volte anche a ricostruire reti, coperture politiche e collegamenti internazionali. Il capo stragista di Cosa Nostra, Totò Riina questo non poteva sopportare. «So quello che mi aspetta – dichiarò Falcone – e mi sento come uno che si sta tuffando in un mare in tempesta. Ma c’è un fatto che mi consola, il nuoto è il mio sport preferito».

Lavorò alla creazione di una sorta di super-procura nazionale, un organismo preposto a combattere le grandi organizzazioni criminali come Cosa nostra. Così si arrivò al “maxiprocesso” che si concluse con 360 condanne a 2665 anni di carcere e undici miliardi e mezzo di lire di multe da pagare. Questo fu il primo grande colpo che lo Stato inflisse alla mafia e Giovanni Falcone ne fu un grande protagonista.

Dobbiamo essere grati a donne ed uomini come lui che hanno dato la vita per una società più giusta e libera da mafie e camorre. Ed è giusto che, nelle scuole di ogni ordine e grado, ragazze e ragazzi conoscano queste storie, che si studino libri ed articoli che la raccontano e si vedano film e documentari. Perché, come dice Maria Falcone, la sorella del magistrato, nella lettera che ci ha indirizzato, “i ragazzi sono la nostra speranza per oggi e per il futuro”, per una educazione alla legalità viva e ricca di idee ed iniziative sociali concrete.

Nella data del 23 maggio, in tutti questi anni, con Libera, con AsCenDeR, la Fondazione Giancarlo Siani, tante associazioni e scuole abbiamo promosso centinaia di iniziative per ricordare sia lui sia Paolo Borsellino.

L’impegno sui temi della legalità e della cultura antimafia si svolge durante tutto l’anno, attraverso incontri con gli studenti, proiezioni di film, rappresentazioni teatrali, dibattiti e produzioni scritte di articoli, libri, giornali, grazie alla passione di Docenti e Dirigenti scolastici.

Il Comune di Napoli ha dichiarato la giornata del 23 maggio come “Giornata della Legalità” per il forte valore simbolico che ha quella data. Il Sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi alle 9.30 ha deposto una corona di fiori all’Albero Falcone, che piantammo anni fa proprio in piazza Municipio.

Erano presenti numerose Autorità, il Prefetto Michele di Bari, gli assessori comunali De Iesu e Striano, per la FAI e Fondazione Pol.i.s. Vittorio Ciccarelli; per Libera Pasquale Leone; Simona Di Monte , magistrato e rappresentanze studentesche con ragazzi di ogni età, dal Liceo Vico, con i redattori del Giornale di scuola, agli Istituti comprensivi Baracca, De Amicis, Moricino-Borsellino, Falcone.

A tutti ho voluto ricordare quando, in un’occasione del ricordo, una madre, Carmela Montinaro, avvicinò, in lacrime, Luigi Ciotti dicendo: “perché non dicono mail il nome di mio figlio?”.

Ed il presidente di Libera ebbe la grande intuizione di proclamare “Il 21 marzo di ogni anno come Giornata nazionale della Memoria e dell’impegno per tutte, proprio tutte le vittime delle mafie e della criminalità organizzata”. Quest’anno se ne sono letti i nomi di più di 1.000 !

Presenti rappresentanti della Marina, dell’Esercito e delle FF. OO. con Polizia municipale, Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Carabinieri, con un Trombettiere dell ‘Arma, che ha suonato il “silenzio”, al momento della deposizione dei fiori.

A documentare l’iniziativa giornalisti del Mattino, di Repubblica, della TGR Campania, di Rainews24, di Canale 8, Salernonpews24.

Un’ultima importante notazione. Eravamo a distanza di qualche giorno dall’Assemblea di “Avviso Pubblico”, svoltasi proprio a Napoli. Tra tante riflessioni importanti ho voluto ricordare, in piazza quella di Isaia Sales, che spiegava come durante l’anno passato solo il 5% degli omicidi in Italia fossero riconducibili alle mafie.

Tanto per spiegare, in sintesi, che modificata la “strategia stragista”, la mafia è paradossalmente più pericolosa per la forte collusione con pezzi della politica e dell’economia corrotte.

Forte ragione d’un grande impegno da parte di tutti, magistratura, FF. OO. società civile.

* Presidente di AsCenDeR e presidente onorario della Fondazione Giancarlo Siani

Lettera da Maria Falcone