Medioriente, firmato l’accordo di pace. Ma il percorso è pieno di insidie

Peace

“L’alba storica di un nuovo Medio Oriente”. Sono le parole che Trump ha pronunciato davanti al parlamento israeliano dove lo hanno accolto in modo trionfale paragonandolo a Ciro il Grande, sovrano illuminato, astuto comandante, fondatore dell’impero di Persia, che riuscì a unificare le tante tribù conquistando Babilonia senza combattere e porre così fine all’esilio babilonese degli ebrei.

Una giornata che ha segnato il trionfo di Trump, prima in Israele e poi in Egitto, dove è stato siglato l’accordo che dovrebbe portare alla pace duratura per Gaza e per tutto il Medio Oriente. Il condizionale è d’obbligo, perché sappiamo perfettamente che il percorso è pieno di insidie e gli estremisti ci sono da entrambe le parti.

Oggi però è la giornata del ritorno a casa degli ostaggi e di 1968 prigionieri palestinesi. Dopo due anni di orrori, sangue, bombe e macerie abbiamo visto scene di gioia a Tel Aviv tra le famiglie degli ostaggi che hanno potuto riabbracciare i 20 sopravvissuti ad Hamas e a Khan Younis e in Cisgiordania, destinazione di alcuni palestinesi liberati dalle prigioni israeliane.

Trump è riuscito dove nessun altro aveva avuto successo, riunendo attorno a sè Turchia, Qatar, Egitto come garanti dell’accordo.

In quella sala di Sharm el Sheikh c’erano i rappresentanti di quei paesi ‘ricchi e potenti’ , come ha sottolineato più volte Trump,  che metteranno i soldi per la ricostruzione. C’era Tony Blair che, nonostante l’opposizione di alcuni paesi arabi, è destinato a presiedere quel Comitato per la pace e la ricostruzione di Gaza. Trump ha avuto parole di apprezzamento per ognuno dei presenti, tra i quali Abu Mazen dell’Autorità Nazionale Palestinese.

Tra gli invitati c’era anche l’Europa, che nessun ruolo ha avuto in questo accordo, con Starmer, Macron, Mertz, Costa, Sánchez per l’Unione Europea e Giorgia Meloni. Va sottolineato che la presidente del consiglio italiana era l’unica donna in un mondo di uomini potenti. Mancava solo il premier israeliano Netanyahu che avrebbe dovuto sedere accanto a Abu Mazen. Assente, ufficialmente, per la festa ebraica di Sukkot, ma dietro le quinte si parla di un diktat di Erdogan. “Se ci sarà lui, io torno indietro”, avrebbe detto. Trump, durante l’intervento alla Knesset si è rivolto al presidente israeliano e ha chiesto la grazia per Netanyahu, gli applausi sono stati solo di una parte, non dell’opposizione.

Da domani potremo iniziare a fare i commenti sulle tante lacune che il piano di Trump presenta. Ma oggi è stata una giornata particolare che sarà ricordata nei libri di storia. Anche stanotte non cadranno bombe sulla striscia di Gaza, gli aiuti stanno entrando e i bambini non moriranno più di fame. Si è aperto uno squarcio di speranza, ma servirà tanta vigilanza da parte dello stesso Trump che ci ha messo la faccia.

Fonte: Articolo 21