Perché l’antimafia sbaglia su Borselllino

Borsellino

La Commissione parlamentare antimafia presieduta da Chiara Colosimo sta affrontando il problema del perché “Cosa nostra”, neanche due mesi dopo la strage di Capaci nella quale mori Giovanni Falcone, decise di eliminare anche Paolo Borsellino in via d’Amelio, a Palermo.

Il 31 luglio l’Antimafia ha ospitato un mio intervento di cui riproduco qui alcuni passaggi.

Falcone e Borsellino sono stati due eroi moderni di epica grandezza, veri e propri giganti della storia non solo giudiziaria e non solo italiana.

Non per caso Andrea Camilleri equipara l’omicidio dei due campioni dell’antimafia all’abbattimento delle Twin Tower di New York. Come non è un caso che Salvatore Lupo definisca le vittime di mafia, a partire da Falcone e Borsellino, come “rivoluzionari”, in quanto straordinari creatori di credibilità e rispettabilità, mediante l’affermazione della legalità.

Per contro, sostenere (come vorrebbe la componente di centrodestra della Commissione) che Borsellino e forse anche Falcone sono stati uccisi esclusivamente perché volevano occuparsi di mafia e appalti, equivale a farne dei funzionari onesti, solerti e capaci ma ben al disotto del loro valore storico.

Con questa tesi, gli artefici di quell’indiscusso capolavoro investigativo-giudiziario che è stato il maxiprocesso (la dimostrazione pratica che la mafia non è invincibile, anzi) vengono rimpiccioliti, svalutati e retrocessi. Un’operazione in perdita: per i due magistrati, per il nostro Paese e per i giovani che perdono un riferimento e un esempio quando non vogliano adagiarsi nell’indifferenza, nel disimpegno e nella rassegnazione, ma operare per risultati ritenuti socialmente o politicamente utili (così si dice che abbia “funzionato” Borsellino per Giorgia Meloni).

Un’operazione che poggia su un presupposto fragile, essendo a mio avviso insufficienti gli elementi che dovrebbero ricollegare in particolare via d’Amelio esclusivamente all’interessamento di Borsellino per mafia e appalti.

Ma allora perché Borsellino è stato ucciso?

Borsellino è stato ucciso per un motivo ben preciso e molto semplice: perché era Paolo Borsellino. Il nemico più odiato (insieme a Falcone) di Cosa nostra, perché responsabile col maxi processo di una formidabile “tagliata di faccia” dell’organizzazione criminale, la fine del mito dell’impunità che prima la circondava.

E quando le condanne il 30 gennaio 1992 diventano definitive, ecco che Cosa nostra è costretta a reagire per recuperare quel che può. Da un lato colpendo i traditori perché chi deve capire capisca e rientri o rimanga devotamente nei ranghi; dall’altro colpendo Falcone e Borsellino.

La verità di base per Capaci e via d’Amelio è dunque una vendetta postuma di Cosa nostra contro i suoi acerrimi nemici, appunto Falcone e Borsellino, e nello stesso tempo un tentativo di seppellire nel sangue il loro metodo di lavoro vincente. Senza che in tale verità si esaurisca il significato della tremenda campagna stragista. La quale – rispondendo a un disegno criminale unitario – dispiegherà i propri effetti terroristici fino al 1994.

Questo Borsellino era ed è tuttora nella nostra mente. Sminuzzarne l’altissima figura umana e professionale per raccogliere solo le briciole che ci piacciono o ci convengono per sostenere una certa tesi, è un grave errore che non possiamo permetterci il lusso di commettere.

Fonte: La Stampa


https://liberatestardi.websitefortest.uk/2025/07/31/falso-falso-falso-caselli-ha-spazzato-via-la-coltre-di-bugie-che-sta-avvolgendo-lantimafia/