Propaganda a Sanremo. Quando anche l’Amerigo Vespucci diventa made in Italy

Sanremo 2025 amerigo vespucci

Ripetiamolo: Signore & Signori, il diavolo sta nei dettagli.

Prendiamo il caso dell’ “Amerigo Vespucci”. Che questa nave scuola sia un vanto nazionale non c’è dubbio.

Ma sinceramente non so se la userei per pubblicizzare il “made in Italy”. E non solo per la questione linguistico-identitaria da molti sollevata.

Ossia: perché per valorizzare i tesori di una nazione (fra l’altro appellata “nazione” a partire da un preciso orientamento ideologico) bisogna ricorrere al linguaggio di un’altra nazione? Con che effetti sul piano del prestigio internazionale? Ma anche per una questione storico-istituzionale.

La Vespucci ha un nome. Quello di un grande navigatore, oro per la storia di un “Paese di Santi, poeti e navigatori”. Chiameremmo mai Cristoforo Colombo “made in Italy”? E Guglielmo Marconi? E Fellini o Eduardo? Se lo facessimo non staremmo un po’ a disagio con la nostra intelligenza?

Immagino l’obiezione: ma qui non parliamo di un personaggio storico, parliamo di una nave. Ancora peggio. Perché non è un mercantile qualsiasi. Ma una nave che ha un raro valore istituzionale: perché è l’unità più anziana della Marina Militare, perché rappresenta la Scuola militare, in una sua forma antica e alta.

Insomma, la scelta mi sembra improvvida, e pure nociva per i valori che vorrebbe promuovere. Ma dieci volte improvvida si è dimostrata se applicata nel contesto più impensabile. Che non era né militare né diplomatico. Ma…il festival di Sanremo!

Dove abbiamo visto un grandioso spot a favore di questo “made in Italy”. Con immagini della nave e dei luoghi per i quali è passata nel suo affascinante viaggio per gli oceani, compresa l’inevitabile allieva donna in primissimo piano.

Ebbene, all’interno di questo spot sono state schierate in favore dell’Ariston di Sanremo e del pubblico, tra canzoni, banalità e attività ricreative di base, le forze a bordo della Vespucci. Tutte elegantemente vestite e allineate in un suggestivo impasto cromatico bianco e blu, con il petto giustamente in fuori; tutte intorno, secondo diritti di grado, al loro comandante.

Che ha raccontato il percorso del suo “made in Italy” e con poca eleganza ha spiegato che si è trattato di una iniziativa promossa dal ministro Crosetto, laddove avrebbe dovuto dire, anche nell’interesse del ministro, “promossa dal Ministero della Difesa”.

Senonché, come dicevo, il diavolo sta nei dettagli.

Ossia nell’interlocuzione del comandante stesso con il conduttore del festival, Carlo Conti. Perché, chiamato in causa in trasmissione, il comandante ha dato a Conti del tu, chiamandolo Carlo. Una volta per una cosa del genere sarebbe successo un finimondo.

Carloooo?? Il comandante della Vespucci che come un cantante o una ballerina (con tutto il doveroso rispetto) si dà in pubblico del tu con il conduttore? Sono rimasto di stucco.

Perché chi rappresenta l’autorità militare non si dà del tu in televisione con nessuno se non, forse, con un suo pari grado. Chissà, forse il comandante in gioventù ha giocato a pallone e a ping pong con Carlo Conti in uno di quegli indimenticabili oratori cantati da Celentano in “Azzurro”. Forse, come si diceva da militari (massì!), ci “ha mangiato i fagioli insieme”, e allora proprio non poteva trattenersi, e quel “tu” gli è sembrato irresistibile, anche a costo di essere ripreso dal proprio ministro.

O qualcuno, può essere, gli ha suggerito di dare un’immagine “ggiovane” delle Forze Armate, con il risultato di farle apparire perfettamente allineate con il declino del paese (o della nazione) pur dopo un viaggio faticoso ed esemplare.

Oppure ha voluto apparire davanti ai suoi sottoposti in grado di darsi del tu con l’uomo più importante d’Italia quella sera.

Chissà. A me, a proposito di canzoni, è venuto per ragioni misteriose in mente quel verso di Battiato: “Non cambierà, sì che cambierà, vedrai che cambierà”. Il titolo della canzone ve lo risparmio.

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 17/02/2025