Ciò che leggerete sarà una brutta sorpresa. Diritti in Salute ha però il dovere di raccontarvi ciò che riusciamo a scoprire. Vi ricordo che l’obiettivo non è demoralizzare chi legge, ma stimolare tutti noi a reagire.
L’esistenza di lunghe liste d’attesa è un fatto acclarato, tutti ne scrivono, tutti ne parlano e il governo periodicamente annuncia nuovi finanziamenti per spingere le strutture sanitarie ad aumentare le prestazioni. Si dice che mancano i medici, che ci sono troppe richieste di visite ed esami non necessari.
In questo contesto, tenetevi forte e leggete cosa ha deciso di fare la Lombardia. Ma vi preannuncio: nessuno pensi che la cosa non lo/la riguardi solamente perché abita altrove. Fondi, mutue e assicurazioni infatti chiederanno quanto prima alle altre regioni di seguire l’esempio lombardo. Anzi, probabilmente non esiteranno a chiamare a raccolta i loro assistiti per esigere un uguale trattamento.
Quindi quanto leggerete non riguarda solo i lombardi, purtroppo. Evidentemente siamo davanti a un ulteriore passo verso la cancellazione del SSN universalistico, per tornare al precedente sistema mutualistico differenziato in base al censo e al lavoro.
Ma andiamo con ordine: ecco i fatti.
Il 15 settembre scorso la Lombardia ha approvato la Delibera n. 4986 intitolata “Determinazioni in merito alla disciplina delle prestazioni erogate da strutture ed enti pubblici del sistema socio-sanitario regionale nell’ambito dell’assistenza integrativa (fondi, mutue e assicurazioni)” nella quale prevede uno “Schema di convenzione tra ASST/IRCCS e Fondi, Mutue ed Assicurazioni”. La regione invita ASST (che nel resto d’Italia si chiamano ASL) e IRCCS pubblici (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) a stipulare accordi con assicurazioni, fondi integrativi e mutue affinché queste possano inviare i loro assistiti presso strutture sanitarie pubbliche. A questo scopo, propone addirittura un fac-simile per realizzare i contratti.
I medici delle strutture pubbliche possono decidere volontariamente di partecipare a questa pratica attraverso “attività erogate in regime aziendale integrativo”. Una sorta di nuova intramoenia, aggiuntiva e diversamente regolata in termini monetari e di tipologie di prestazioni, rispetto a quella preesistente. Le ASST/IRCCS garantiranno dunque agli assistiti di assicurazioni, fondi finanziari e mutue prezzi inferiori a quelli destinati ai singoli cittadini solventi (cioè che pagano di tasca loro).
La delibera si spinge anche oltre, affermando che “La definizione delle politiche tariffarie […] è orientata anche in relazione ai volumi di prestazioni richieste dai Fondi, Mutue e Assicurazioni”. Insomma, tutto è delegato al mercato.
Se consideriamo che i medici e le strutture del SSN sono sempre quelle e che, per quanto un medico possa fare straordinari, la stanchezza la sentono tutti, non è difficile immaginare il risultato: una corsia preferenziale per chi ha una Mutua o ha pagato un’Assicurazione o ha affidato la sua salute ad un Fondo. Per gli altri, i comuni cittadini, coloro che credono ancora nel diritto alla salute garantito dallo Stato attraverso le tasse, – o coloro che, più semplicemente, non hanno i soldi per un’assicurazione privata – le liste d’attesa saranno ancora più lunghe. Aumenterà infatti il numero di coloro che li scavalcheranno.
Voglio subito precisare, rivolgendomi ai miei colleghi, che non può essere questo il modo per aumentare lo stipendio dei medici.
Per approfondire la vicenda e inquadrarla storicamente vi consiglio la lettura dell’articolo In Lombardia arriva la “super intramoenia”, scritto da Marco Caldiroli -presidente di Medicina Democratica.
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