«A tutti chiedo una sola cosa: che le nostre scuole siano più sicure perché altre mamme e altri papà non debbano soffrire come noi». Così Nunziatina, mamma del piccolo Luigi, il 3 novembre 2001 si era rivolta alle autorità durante il funerale degli “angeli di San Giuliano”, i 27 bambini e la loro maestra morti nel crollo della scuola Francesco Jovine, in occasione del terremoto del 31 ottobre. E l’allora Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi si era scusato: «Noi adulti non siamo stati capaci di proteggere i nostri figli». Ma proprio quei piccoli morti, il loro sacrificio diede il via a un piano per la messa in sicurezza delle scuole. Ancora una volta è una drammatica emergenza a far scoprire le carenze del Paese. Ma dopo dieci anni quel piano è rimasto indietro, pochi soldi, ancora meno quelli spesi. E, anche qui, con la scure del Patto di stabilità che impedisce ai comuni di spendere i fondi, anche quando vengono stanziati. I dati dell’emergenza sono gli stessi di allora: gli edifici scolastici in zone ad alto rischio sismico sono circa 2.700, quelli in aree a rischio medio 21mila. Per metterli in sicurezza servirebbero almeno quattro miliardi di euro. Davvero una grande opera, tra le più importanti, urgenti e necessarie per il Paese. Ma ci vogliono i piccoli morti di San Giuliano per farlo capire. Così, su input dell’allora Capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, il governo propone un piano straordinario per la messa in sicurezza delle scuole italiane.
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