Stop al commercio con gli insediamenti illegali

Stop commercio insediamenti illegali

Aderiamo alla campagna lanciata da Oxfam per chiedere a Italia, UE e Regno Unito di porre fine al commercio con gli insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania.

Oxfam, in alleanza con decine di organizzazioni umanitarie e della società civile – tra cui Libera – lancia oggi la campagna “Stop al commercio con gli insediamenti illegali”, un appello urgente a Italia, Unione Europea e Regno Unito per vietare ogni scambio commerciale, investimento e fornitura di servizi con gli insediamenti dei coloni israeliani nei Territori Palestinesi Occupati, compresa Gerusalemme Est.

Un’economia strangolata dall’occupazione

Secondo il nuovo rapporto diffuso da Oxfam, l’occupazione israeliana della Cisgiordania costa ogni anno miliardi di dollari all’economia palestinese. Negli ultimi due anni, la povertà è passata dal 12% al 28%, mentre la disoccupazione ha raggiunto il 35%, raddoppiando dopo ottobre 2023.

Oggi oltre il 42% della Cisgiordania è occupata dagli insediamenti israeliani. Solo nel 2023 il governo israeliano ha autorizzato più di 30.000 nuove unità abitative, con una crescita del 180% negli ultimi cinque anni.

Le conseguenze per le comunità palestinesi sono devastanti:

Espropri di terre, demolizioni e sfollamenti forzati sempre più frequenti.

900 checkpoint che rendono gli spostamenti lunghi, costosi e pericolosi.

30% del territorio ormai inaccessibile ai palestinesi.

Una perdita salariale stimata in 16,8 milioni di dollari al mese per le ore di lavoro perse ai posti di blocco.

Le donne sono tra le più colpite: oltre 6.500 lavorano negli insediamenti illegali israeliani, spesso senza contratto né tutele, per meno di 20 dollari al giorno.

L’Unione Europea deve agire

L’UE è oggi il principale partner commerciale di Israele, con un volume di scambi di oltre 42 miliardi di euro nel 2024. Solo l’Italia importa beni e servizi per più di 1 miliardo di euro all’anno.

Tuttavia, le politiche europee sull’etichettatura dei prodotti provenienti dagli insediamenti sono incoerenti e facilmente aggirabili, consentendo la vendita di prodotti “Made in Israel” che in realtà provengono dai Territori Occupati.

Le organizzazioni promotrici chiedono all’UE e al Governo italiano di:

Vietare il commercio con gli insediamenti illegali.

Richiedere agli esportatori israeliani di dimostrare l’origine lecita delle merci.

Bloccare gli investimenti e i finanziamenti verso imprese coinvolte.

Sospendere l’Accordo di Associazione UE-Israele finché non saranno rispettate le clausole sui diritti umani.

Tra le realtà italiane che aderiscono alla campagna:

ACLI, ACS NGO, Amnesty International Italia, AOI, ARCI, CISS, CNCA, COSPE, CRIC, Emmaus, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Gruppo Abele, Libera, Movimento Giustizia e Pace in Medio Oriente, Pax Christi, Rete HUMUS, Rete Italiana Pace e Disarmo, Un Ponte Per, Vento di Terra.

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