Trump, stallo sulla pace in Ucraina: “Deciderò tra due settimane”

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Due settimane. È l’espressione che Donald Trump usa quando vuole prendersi tempo, perché le cose non stanno andando come vorrebbe. La pace in Ucraina è una di queste.

Dopo i toni trionfalistici dello storico incontro di ferragosto in Alaska tra Trump e Putin, la situazione è scivolata in uno stallo inconcludente. Venerdì, il presidente americano ha fatto sapere di non essere soddisfatto dell’andamento delle trattative per un incontro diretto tra Putin e Zelensky, definendoli “come l’olio e l’aceto”. Ha quindi annunciato di volersi prendere una pausa, promettendo di decidere il da farsi tra due settimane.

Questa frustrazione non sorprende: è la conseguenza del suo approccio superficiale, che sottovaluta la complessità del lavoro diplomatico. La geopolitica non si fa a colpi di “photo opportunity” e tappeti rossi: come ha ricordato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, i vertici tra leader arrivano solo dopo un lungo lavoro dei diplomatici, quando ci sono accordi concreti da firmare. In Alaska, invece, non c’era nulla di definito, se non la volontà di riaprire relazioni cordiali tra Stati Uniti e Russia dopo il gelo della presidenza Biden.

Trump, pur di incontrare Putin, ha ceduto persino sulla richiesta di un cessate il fuoco avanzata da Ucraina ed Europa. Ma porre fine a una guerra non è una trattativa commerciale, fatta di rilanci.

Non a caso, dopo il vertice in Alaska non è successo nulla: il dialogo resta un confronto tra sordi. Zelensky non arretra sulla difesa dell’integrità territoriale, Lavrov insiste nel rivendicare un ruolo della Russia nelle garanzie di sicurezza ucraine. Proposte respinte come assurde da Kiev e Bruxelles, che però avanzano ipotesi altrettanto poco credibili, come l’idea di forze di pace europee in Ucraina senza truppe legate a Mosca.

“Discutere seriamente di sicurezza senza la Federazione Russa è un’utopia”, ha dichiarato Lavrov da Mosca. Intanto, Putin intensifica gli attacchi nel Donbass, approfittando dello stallo per conquistare nuovi territori utili a una futura trattativa.

Sul fronte europeo, i leader restano subalterni a Trump, tra ringraziamenti ossequiosi e scarsa iniziativa. Il presidente americano ha persino minacciato di sfilarsi dalle trattative: “Per ballare il tango bisogna essere in due”, ha detto, avvertendo che in assenza di un incontro Putin-Zelensky deciderà se imporre sanzioni massicce, dazi commerciali o non fare nulla, lasciando la responsabilità agli europei.

Trump, in realtà, guarda soprattutto ai rapporti con Putin e ai possibili affari nello stretto di Bering. L’Ucraina è vista come un intoppo. Tocca quindi all’Unione Europea assumersi le proprie responsabilità: smettere di delegare a Washington e avviare un dialogo realistico con Mosca, nostro vicino di casa, senza illusioni né proposte irrealizzabili.

Fonte: Articolo 21