Tutti d’accordo sull’azzerare il Garante, tutti zitti sulla Commissione Antimafia

Colosimo

Non vola una mosca sulla presidente dell’Antimafia, on. Colosimo. Eppure i servizi di Report (con foto di statuetta col Duce) non sono stati più indulgenti. Come mai?

Mentre si realizza una inedita unanimità parlamentare per “dimettere” l’Autorità garante della privacy, non vola una mosca (o quasi) sulla presidente della Commissione Antimafia, on. Colosimo, che in quanto organismo parlamentare sarebbe tanto più soggetta ad una mozione di sfiducia.

Eppure i servizi di Report non sono stati più indulgenti. Come mai?

Forse la famigerata “statuetta” non è sufficiente a scatenare la censura, perché incomparabilmente più piccola del busto conservato in casa dalla seconda carica della Repubblica?

Forse le prove delle relazioni tutt’altro che accidentali o drasticamente interrotte con ex NAR e parenti legati ai medesimi ambienti eversivi ma anche alla ‘ndrangheta sono derubricate, per universale accettazione, a graziose “stronzate” (cit.) di una donna troppo giovane per portare la responsabilità di storie sepolte dalla Storia?

Può darsi. E tuttavia resterebbero da evadere le parole come al solito precise e pacate di Paolo Bolognesi, anima dei famigliari delle vittime della strage di Bologna, che ha fatto notare durante il medesimo servizio come sia impossibile accettare che la Commissione parlamentare Antimafia ignori i fili neri e piduisti che sembrano collegare le stragi più pacificamente ascrivibili alla “strategia della tensione” con quelle terroristico-mafiose degli anni 1992-1994, che tanto hanno ipotecato del nostro presente. Ciò che infatti rivela in maniera ineludibile la natura “depistante” (come l’ha recentemente definita il magistrato Nino Di Matteo) del percorso determinato fino a qui da Colosimo&Sodali è il muro “ad escludendum” eretto su ciò che la Commissione non deve trattare, a prescindere da ciò che eventualmente potrebbe essere accertato o meno.

La Commissione non deve trattare la Strage di Via D’Amelio all’interno del più ampio piano unitario degli attentati compiuti tra il 1992 ed il 1994.

La Commissione non deve trattare il tema dei soggetti esterni a Cosa Nostra che hanno contribuito alla ideazione ed alla realizzazione delle stragi medesime, obliterando tra le altre le evidenze ottenute dalla magistratura fiorentina sulla strage di Via Palestro a Milano (con i mafiosi-collaboranti che dopo aver confessato ogni nefandezza, all’unisono mettono a verbale che nessuno sa chi abbia materialmente acceso la miccia di Milano).

La Commissione non deve trattare il ruolo di un delinquente patentato come Paolo Bellini, condannato per la strage di Bologna, che avrebbe fatto da “cerniera” tra i mafiosi intenti a portare le bombe in continente e gli apparati dello Stato.

La Commissione non deve acquisire la trascrizione delle intercettazioni dell’ex generale Mori, ordinate dalla DDA di Firenze che lo sta indagando per concorso nelle stragi, dalle quali si evincerebbe lo sforzo del generale nel pilotare i lavori della Commissione presieduta dalla Colosimo.

La Commissione non deve approfondire il ruolo di Alberto Lo Cicero, confidente dei carabinieri, al quale Paolo Borsellino attribuì grande rilievo, auspicando che divenisse collaboratore a tutti gli effetti e che riferisse quanto prima a lui stesso.

La Commissione non deve indagare se esista un collegamento tra la bomba fatta esplodere davanti alla casa di Sigfrido Ranucci e l’incendio devastante che pochi giorni dopo ha distrutto gli studi di 42 Parallelo, la società che ha prodotto “Magma, il delitto perfetto” sull’assassinio di Piersanti Mattarella.

La Commissione ovviamente non deve chiedersi se l’intreccio tra ambienti della destra eversiva (NAR ma non soltanto), ambienti della destra istituzionale (MSI e successive evoluzioni), criminalità mafiosa e professionisti d’alto profilo emersi dal servizio di Report mentre indagava la figura dell’avvocato Paolo Colosimo, zio della presidente, sia un accidente eccezionale dovuto alle inclinazioni personali dello “zio” o sia il riflesso di una strategia ampia e radicata, che forse potrebbe essere meglio compresa acquisendo gli atti dell’inchiesta ‘ndrangheta stragista di Reggio Calabria.

Chi controlla la memoria, controlla il futuro: almeno questa lezione pare proprio che la presidente Colosimo l’abbia imparata dai “viaggi della memoria” fatti con la scuola nei campi di sterminio nazi-fascisti. E questa lezione ha a che fare con il trattamento di dati assai più sensibili di quelli acquisiti con i super occhiali di Meta, che tanto hanno fatto tribolare l’Autorità, che oggi tutti vorrebbero gettare giù dalla torre del potere.

Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello