Ancora un fotoreporter ucciso, è Antoni Lallican, francese, di 37 anni.
Ci uniamo alla sua famiglia nel cordoglio e all’European and International Federations of Journalists (EFJ-IFJ) nel condannare un ennesimo crimine di guerra accaduto in Donbass il 3 ottobre scorso. Secondo le prime notizie Lallican sarebbe stato vittima, insieme a un collega ucraino, George Ivanchenko rimasto ferito, dell’attacco di un drone russo.
È ormai una routine: i fotografi, i videomakers, i giornalisti in Ucraina, in Palestina e altrove, nei contesti di guerra e di crisi di tutto il mondo sono diventati gli obiettivi di una violenza selettiva, sono il target di attacchi mirati. E’ così anche in questo caso? Le inchieste lo accerteranno, come Macron e la EFJ hanno tempestivamente chiesto alle autorità ucraine.
Qualcuno ha scritto che è Lallican è il primo a cadere per un drone in Donbass.
Peraltro è fitto l’elenco dei molti caduti prima di lui in Donbass e tra i primi Andrea Rocchelli e Andrei Mironov, a Sloviansk il 24 maggio di 12 anni fa, quando si era agli inizi di quella guerra “a bassa intensità” divampata poi con la sciagurata invasione russa. Con loro, sotto il fuoco delle forze armate ucraine, è rimasto ferito anche il fotografo francese William Roguelon. Non mi risulta che il governo francese si sia mobilitato, né allora né poi per avere in proposito risposte adeguate dalle autorità dello Stato amico ucraino.
Quel duplice omicidio è tuttora impunito, benché la magistratura italiana l’abbia definito in tre gradi di giudizio un «crimine di guerra», perpetrato dall’esercito e dalla Guardia nazionale ucraina contro civili inermi e per di più giornalisti, cui il diritto internazionale riserva una speciale protezione.
Ma il governo italiano non ha dedicato, né dedica alla vicenda alcuna attenzione, anzi nelle amichevoli relazioni con il governo Zelenski l’uccisione di Rocchelli è un argomento tabù. Mai infatti il caso dell’uccisione di Andrea Rocchelli, un cittadino italiano, inerme, oltretutto di un fotografo intento a darci un’informazione onesta e indipendente su quanto accadeva nella primavera 2014, mai è entrato nell’agenda dei colloqui italo-ucraini, mai si è avuto un impegno politico-diplomatico a questo proposito. Eppure, è questo l’unico caso in sospeso tra Italia e Ucraina, meritevole di approfondimento anche in vista dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea, a più riprese indicato come prossimo dai portavoce europei.
Un’ultima osservazione: se Andrea Rocchelli e Andrei Mironov fossero stati uccisi dai separatisti filo-russi, sarebbero inscritti nell’albo degli eroi della resistenza ucraina, ma il doppio standard vigente nella polarizzazione manichea tra “buoni” e “cattivi”, relega loro, scomode vittime dei “buoni”, nel silenzio e nell’oblio.
Fonte: Articolo 21



