Un viaggio per superare i nostri confini e sentirsi plurimi…

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Chiamerei questi giorni trascorsi tra il Friuli Venezia Giulia e la Slovenia un viaggio tra i confini.

Un viaggio che è stato anche uno scoprire la storia di città che sono state toccate dal confine, da Trieste, a Illegio, a Cividale del Friuli, fino a Gorizia.

Confini che nell’ultimo secolo sono cambiati tante volte, dalla fine dell’impero austro-ungarico, alla prima guerra mondiale, alla seconda guerra mondiale, fino all’arrivo nel 2004 della Slovenia nell’Unione Europea e la scomparsa della separazione che divideva Gorizia da Nuova Gorica.

È veramente strano che questa gente di frontiera, che nel corso della sua storia ha imparato ad accogliere la diversità che esiste tra un territorio ad un altro, facendo diventare questa diversità una parte della propria identità, a causa di guerre decise da pochi, sia stata costretta a rinunciare in un modo o nell’altro a parte di questa sua specificità, che è il frutto della storia di queste contaminazioni.

Gorizia è certamente la città che più rappresenta la storia di queste scelte.

Penso al periodo dopo la prima guerra mondiale quando Gorizia era ancora un’unica città e con l’avvento del fascismo fu vietato alla parte di origine slovena di parlare lo sloveno, ma solo l’italiano.

Fu vietato nelle scuole, nei negozi, nei teatri, in tutti i contesti pubblici e privati.

Eppure la parte italiana e quella slovena che veniva dal vecchio impero austro-ungarico (poi diventato regno della Jugoslavia) convivevano pacificamente da sempre, sia che Gorizia fosse parte di uno o dell’altro regno.

Una povertà culturale imposta dalla stupidità umana che ha paura della diversità.

La stupidità di ogni nazionalismo che vuole dividere e non unire.

Oppure al 1947 quando, dopo gli accordi di Parigi, fu divisa la città stessa dai potenti della terra, lasciando la parte più abitata all’Italia e la zona più agricola e lavorata alla nascente repubblica jugoslava di Tito, obbligando i cittadini a scegliere.

Dalla parte jugoslava si costruí addirittura una nuova città, Nuova Gorica, che avrebbe dovuto esprimere il progresso della ideologia comunista.

Si divisero famiglie, si distrusse una economia fiorente, si cercò di dare nuove identità a persone che da sempre convivevano nel rispetto reciproco.

Si divise la città con muri e filo spinato, un filo e muro che spariranno solo nel 2004.

A uno dei valici tra Gorizia e Nuova Gorica c’è un piccolo museo all’aperto che racconta tutto questo.

“…essere di frontiera vuol dire essere plurimi…essere plurimo vuol dire avere maggiore ricchezza. La storia ogni tanto ti obbliga a dire tu sei questo, tu sei quello, ed è un impoverimento, una barbarie….la ricchezza è proprio il fatto di essere, essere più espansi, no? Come lingue, come culture…”.

Sono alcune delle parole scritte dai goriziani che nel 1947 hanno dovuto scegliere da quale parte stare del confine.

I confini dei territori, i muri, i fili, le dogane non possono imprigionare ciò che siamo, ciò che siamo diventati nel corso della nostra storia, della storia dei nostri padri e dei nostri nonni e bisnonni.

Non possono quei fili cambiarci dentro anche se cercano di farlo…

Penso all’Ucraina e alle regioni del Donbass, della Crimea e del Donesk, alla loro storia, mentre la Russia invade quel territorio e nessuno dei due paesi in questi anni ha cercato la soluzione migliore per rispettare l’identità degli abitanti, ma solo di conquistare o difendere un territorio.

Penso a come il governo di Israele sta cercando di annientare un popolo, quello palestinese per abitare una terra che non è mai stata solo del popolo ebraico.

Penso a ogni guerra che è ricerca di conquista di terra, di paesi, di persone, calpestando la loro identità e libertà.

Guardando Gorizia penso anche alla nostra Europa, che, con tutti i suoi limiti ed errori, ha permesso di abbattere frontiere, di superare confini e di aprire le nostre strade, città, le ha rese più vicine, permettendo, nel rispetto della nostra personale identità, di sentirci un po’ più europei e parte di una terra più grande dove c’è spazio per la diversità.

Trieste, Gorizia permettono in pochi chilometri di superare continuamente un confine fatto ora solo di semplici cartelli dove essere da una parte o dall’altra non ci fa sentire stranieri, ma cittadini di un mondo più grande del nostro.

È questa l’unica guerra che dobbiamo fare, quella dentro di noi per non avere paura della diversità.

Il nostro viaggio per diventare anche noi plurimi, come la gente di confine…