Un’esecuzione. Questa è l’unica cosa certa. Nove proiettili calibro 9 sparati tra le tempie e il cuore. Ma al momento nessuno è in grado di rispondere con certezza alla domanda: perché il sindaco di Pollica Angelo Vassallo doveva morire? Il paese era diventato negli ultimi quindici anni un’importante meta del turismo d’èlite: mare cristallino, strapiombi mozzafiato, porto turistico affollato di yacht, ma soprattutto uno sviluppo del territorio programmato e rigoroso. Abusivismo quasi inesistente, piano urbanistico comunale blindato, lottizzazione dei terreni bandita. Scelte che devono essere apparse folli, azzardate agli speculatori di professione. Che da queste parti hanno nomi che fanno tremare: Mario Fabbrocino, detto “o gravunaro”, boss dell’area Vesuviana, che negli anni passati ha colonizzato la zona tra Castellabate e Montecorice, che confina con Pollica; il clan Moccia e il clan Cesarano, che da Agropoli stanno spostando i loro investimenti più a Sud; Francesco Schiavone detto Sandokan, che insieme a un cartello di imprenditori casalesi dalla metà degli anni ’90 viene a riciclare da queste parti; e, infine, le cosche della ndrangheta di Cetraro e della costa tirrenica calabrese, che si sono insediati nella zona all’epoca del soggiorno obbligato del boss Francesco Muto che proprio in un hotel di Acciaroli fu costretto a trascorrere quattro anni. Il Cilento, per la camorra, è da più di trent’anni terra di conquista. Non quella che si fa con le armi e con le basi dello spaccio. Ma una colonizzazione silenziosa, che produce un unico rumore: il fruscio dei soldi. In tutto il Sud della provincia di Salerno che dà sul mare, la criminalità organizzata investe in alberghi, resort, villaggi turistici ed edilizia vacanziera. Negli ultimi due anni, riferiscono i consiglieri di minoranza di alcune amministrazioni comunali cilentane, le compravendite immobiliari sono aumentate in modo impressionante. In molti casi si tratta di gente che viene costretta a vendere o perché sotto minaccia o, come capita molto più spesso, perché l’offerta è davvero molto vantaggiosa. La camorra, servendosi di imprenditori prestanome o società fittizie, acquista ristoranti, strutture alberghiere, case e soprattutto terreni agricoli. «Ora che è stato eliminato, chi ha interessi a fare affari illegali in questa terra troverà purtroppo meno difficoltà», dice uno degli inquirenti che sta indagando sul caso.
Il contesto. Cilento, provincia di Napoli
A pochi chilometri da Acciaroli, sulla direttrice della costiera cilentana, c’è il simbolo di un’altra era camorristica: l’hotel Castelsandra, che sorge alla fine del bosco di San Marco di Castellabate e domina tutta una parte della scogliera. Era il quartier generale di Lorenzo Nuvoletta. Negli anni ’80, quando la faida tra Nuova Famiglia e Nuova Camorra Organizzata si spostò strategicamente nella provincia di Salerno, il Castelsandra ospitò per qualche anno le riunioni dei clan che si erano riuniti intorno a Carmine Alfieri e Antonio Bardellino. E anche il luogo di latitanza di Raffaele Cutolo non era molto lontano da qui: il professore si nascondeva in un casolare nelle campagne di Albanella, altro paese, come tutti quelli cilentani, dove la politica si è affannata a dire negli ultimi anni che la camorra non esiste e non è mai esistita.
Di estate la costa del Cilento si trasforma in una propaggine della provincia di Napoli. I vacanzieri si distribuiscono in ordine di classe sociale. Più a Nord, tra Paestum e Agropoli, quelli che vengono dall’hinterland e dal centro storico. In dieci occupano piccoli appartamenti (a volte persino garage), in alcuni casi sono così tanti da essere costretti a fare i turni per dormire. Sono riconoscibili fin dalle colonne del traffico agostano sulla SS 18: il tettuccio delle loro automobili è ingombrato da pile di materassi e i cofani traboccano di roba da mangiare. È la realizzazione della vera vacanza low cost. A Sud, invece, a partire da Santa Maria di Castellabate, trovi la medio alta borghesia. Il ceto dei professionisti (avvocati, magistrati, notai, primari, professori universitari, scrittori, attori) di tutte le province della Campania hanno le proprie ville estive da queste parti. Acciaroli, la frazione marina di Pollica, è il posto più esclusivo, è la Capri del Cilento. Durante la stagione estiva il numero di abitanti dei paesi cilentani, i cui residenti durante l’anno oscillano tra i 2000 e i 6000 (Pollica ne fa 2500), si decuplica. La costa viene invasa dai villeggianti. Vacanzieri che, nella maggior parte dei casi, non hanno né un nome né un cognome. Esiste una legge in Campania, la 17 del 2001 che obbliga gli affittacamere a registrare in Comune i propri ospiti, con documenti di identità alla mano. Ma nella maggior parte dei casi le locazioni estive sono in nero e nelle ville lussuose nessuno ci va a controllare. Per i camorristi sono nascondigli rilassanti e sicuri. Di tanto in tanto, come avvenuto anche lo scorso anno a Paestum, viene arrestato qualche latitante sulla spiaggia.
La dinamica. Un omicidio con la firma?
Insomma, anche se in pochi lo dicevano fino a qualche giorno fa, la camorra nel Cilento è di casa. Ecco perché, un minuto dopo che il sindaco era stato ammazzato, la stampa ha chiamo in causa i clan. In realtà sono innanzitutto le modalità con cui l’omicidio è avvenuto a rendere plausibile lo stampo camorristico. Chi ha sparato o era un professionista o qualcuno che aveva a lungo e minuziosamente premeditato ogni singolo istante di quell’omicidio. Il killer, ma potrebbero essere anche due, non ha infatti lasciato alcuna traccia. Tra le nove e mezza e le dieci di domenica sera, ha atteso in automobile Vassallo a trecento metri dalla sua abitazione, piazzandosi al centro della strada, all’inizio di un curvone. Quando il sindaco è arrivato è stato quindi costretto a fermarsi e a tirare il freno a mano. A quel punto l’assassino si è avvicinato all’Audi A4 grigia di Vassallo e gli ha sparato nove colpi di pistola, uno dietro l’altro. Che abbia colpito dal lato del guidatore lo dimostrano i fori sulle tempie e sul collo che si trovano in gran parte sul lato sinistro del cadavere.
I dubbi sulla dinamica
Lo stampo camorristico è dunque abbastanza verosimile. Ma gli inquirenti avanzano alcuni dubbi. Il killer avrebbe potuto sparare da fuori, colpire cioè Vassallo attraverso il parabrezza o il finestrino, come avviene nella maggior parte degli attentati dei clan. E invece si è avvicinato allo sportello del guidatore. Anzi, qualora non lo aspettasse già in piedi sul ciglio della strada, ha avuto il tempo di scendere dalla macchina e raggiungere l’automobile del sindaco. E avrebbe fatto tutto questo mentre Vassallo se ne sarebbe rimasto tranquillamente in macchina. Evenienza abbastanza strana nel caso in cui il primo cittadino di Pollica avesse ricevuto minacce nei giorni precedenti. Era buio, la strada era in aperta campagna, e Vassallo era completamente solo. In una situazione di questo tipo, una persona impaurita avrebbe avvertito quasi sicuramente il pericolo, anche se si trovasse vicino casa. E invece l’Audi A4 è rimasta lì, con il freno a mano tirato e nemmeno un tentativo di retromarcia o di fuga. Quindi le possibilità sono tre: se aveva ricevuto già minacce, Vassallo ha sottovalutato quello che stava accadendo; se non ne aveva ricevute, non poteva nemmeno immaginare di morire; tre, l’ipotesi meno più azzardata: conosceva il suo assassino e quindi non si è proeccupato.
Stupiscono poi i 9 colpi sparati. Sono un intero caricatore, un po’ troppi per un omicidio su commissione. In casi simili, i killer della camorra si fermano a tre, tanto per avere la certezza della morte. «È un omicidio commesso con una rabbia evidente – ha spiegato il comandante del nucleo operativo di Salerno, Francesco Merone – mancava solo che l’assassino gli gett
asse anche l’arma in faccia». Il particolare ovviamente non è una scriminante totale per lo stampo camorristico. Infatti, i killer pagati dai clan, eseguono gli omicidi quasi sempre imbottiti di cocaina e con l’adrenalina a mille. Si caratterizzano per una certa efferatezza anche se non conoscono la vittima e ignorano il movente.



