Un Comune commissariato più volte. Una operazione delle forze dell’ordine chiamata “Alta mafia” che nel 2007 scoprì collegamenti fra gli imprenditori locali, boss e politici. E poi l’appuntamento mancato con le infrastrutture che collegherebbero questo territorio, la provincia di Agrigento, con il resto della Sicilia. Tutto questo e molto altro caratterizza l’area sulla quale sta nascendo un percorso di riutilizzo sociale di beni confiscati alle “famiglie” locali. Il bando per la nascita della Cooperativa che gestirà i terreni ad Agrigento è da pochi giorni disponibile sui portali dei Comuni agrigentini e sul quello dell’associazione Libera.
Si tratta di un percorso nato nell’ambito del progetto pilota “Libera Terra Agrigento” finanziato dal P.O. N. Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia fra il 2000 e il 2006 e coordinato dall’agenzia per i beni confiscati, Libera e il consorzio agrigentino per la legalità e lo sviluppo. «Ogni giorno ci scontriamo con difficoltà amministrative – ci racconta Salvo Ciulla, animatore di Libera su quel territorio – e troppo spesso contro qualche muro di gomma». Ma la presenza di questo bene confiscato segna una svolta per la provincia. «E’ un segnale importante – continua Ciulla – perché ci consentirà di mettere le radici solide per l’apertura di un dibattito sui temi della criminalità organizzata e dell’antimafia, dargli continuità e profondità, mettere in rete tutte le forze che già operano in questo settore».
Ciulla è da anni impegnato sul versante dello scoutismo e della cooperazione sociale. Ci racconta di una provincia stretta fra bellezze naturali da difendere e un certo isolamento storicamente avvertito dai cittadini. «Il mancato sviluppo delle infrastrutture – commenta – ci ha lasciati un po’ distanti da Palermo e Catania, un po’ soli a combattere contro la criminalità organizzata». Una delle più cruente, ancora oggi. «Ma ci sono già percorsi importanti come quello messo in campo da Legambiente – conclude Ciulla – che da anni ha gettato le basi per un percorso che difenda la bellezza di questi luoghi e la legalità».
Non si parte da zero ma dall’impegno di tante associazioni che sul territorio operano quotidianamente e da una intensa attività delle forze dell’ordine. E non ultimo dall’impegno di giornalisti che in questi anni hanno denunciato collusi e mafiosi sulle pagine dei giornali, spesso subendo minacce e intimidazioni. Alcuni di loro sono stati costretti “all’esilio” ma continuato a raccontare la provincia, come Gaetano Alessi, vincitore del premio Fava sezione giovani 2011 con la redazione del giornale di Raffadali “Ad Est”. Un mix di fattori positivi, questo, che fa ben sperare per rafforzare il nascente percorso di riutilizzo sociale dei beni confiscati producendo sviluppo e lavoro per i giovani.



