Alla scoperta di una nuova Corleone

Portella della Ginestra l'incontro con i testimoni

Una trentina di ragazzi, provenienti da tutta Italia, seduti in cerchio a discutere nel luogo dove fino a dieci anni fa si tenevano le riunioni dei boss di Cosa Nostra. Questa immagine di Casa Caponnetto (un tempo era di proprietà della famiglia dei Grizzaffi, nipoti di Riina) è il simbolo dei Campi Antimafia “Liberarci dalle Spine” organizzati nella “Cooperativa Lavoro e non solo”, una realtà presente a Corleone fin dal 2000 nata da un progetto di Arci Sicilia e partner di Libera.

Ogni estate, da maggio a ottobre,  alloggiano qui centinaia di giovani volontari che scelgono di passare due settimane delle loro vacanze ad affiancare i soci della Cooperativa nell’attività agricola e a approfondire il fenomeno della mafia e della criminalità organizzata attraverso visite e incontri. Proprio questa voglia di conoscere ha spinto i ragazzi a iscriversi. Paola racconta: “Ho deciso di partecipare al campo perché ero ansiosa di conoscere, di imparare. Ho sempre provato interesse verso i temi della mafia e della legalità, ma sapevo che andare sul campo sarebbe stata tutta un’altra storia.”  Chiara sottolinea anche l’importanza dell’informazione su queste tematiche nelle scuole: “Ho deciso di partecipare perché della mafia sapevo poco e niente. Quest’anno, dopo vari incontri sulla legalità a scuola, ho iniziato a capire cosa fosse veramente Cosa Nostra. E proprio perché è una “Cosa Nostra”, siamo noi i primi a doverla combattere, noi giovani in primo luogo, per cercare di trasformare il nostro paese in un posto migliore per noi e per  le generazioni future. Quindi, quale poteva essere il modo migliore per iniziare la Lotta alla Mafia, se non andando direttamente a lavorare su quelle terre confiscate?! Così, zaino in spalla e guanti da lavoro in mano, il 19 agosto sono partita per Corleone.”

La sveglia suona presto tutte le mattine per i ragazzi che fino all’ora di pranzo aiutano i soci nelle attività agricole. L’ultimo campo, dal 19 agosto al 2 settembre, ha visto i volontari impegnati nella raccolta dei pomodori prodotti sui terreni confiscati alle famiglie Simonetti e Lo Bue: quasi 200 quintali di pomodori raccolti che diventeranno presto sughi e passata di pomodoro da vendere nella rete di distribuzione in tutta Italia. Francesco al suo secondo campo: “ Per quanto riguarda il campo mi sono rimaste molte cose anche il mal di schiena, ma nulla in confronto alla bellezza dei pomodori e dei meloni e all’entusiasmo con cui il gruppo ha affrontato questo percorso di legalità”

Per ogni campo vengono organizzate anche alcune visite in luoghi simbolo quali Il luogo dove venne ucciso il piccolo Giuseppe Di Matteo (figlio del pentito di mafia Santino Di Matteo), Portella della Ginestra (luogo dell’omonima strage del 1947), Capaci, Via D’Amelio a Palermo, Cinisi e la Casa Memoria di Peppino Impastato. A queste visite vengono affiancati momenti di approfondimento sulle tematiche dell’informazione e della cultura intesi come strumenti per fare antimafia. In questo modo i ragazzi hanno iniziato a conoscere la storia di Corleone e del nostro Paese: da una parte le vicende legate ai boss storici da Liggio a Riina e Provenzano, dall’altra parte la vita dei grandi personaggi che storicamente si sono sempre opposti alla mafia come Bernardino Verro, primo sindaco socialista di Corleone, o Placido Rizzotto, sindacalista rapito e ucciso nel 1948.

Due momenti particolarmente significativi dell’ultimo campo sono stati la consegna della cittadinanza ordinaria che , l’amministrazione comunale ha deciso di impegnarsi a conferire ad ogni volontario e la cerimonia di pensionamento dell’ispettore capo Giuseppe Mancuso, che tanto ha dato alla Cooperativa lavoro e non solo e alla lotta alla mafia.

Col passare dei giorni i volontari diventano sempre più affiatati, nei campi la mattina i più veloci aiutano chi resta indietro e le serate trascorrono tra i vicoli del paese ballando e cantando oppure davanti a una deliziosa brioche con gelato. Cresce anche la consapevolezza del loro ruolo simbolico quando si gioca a calcetto coi bambini corleonesi o ci si fa vedere in centro: piccoli semi che aiutano a ricreare il sottobosco della legalità in paese e nella nostra società. Questa esperienza è qualcosa che resta dentro come racconta Sandra: “… forse mi sono innamorata di un paesello con delle salite ripide come la mafia, di un vecchietto sempre affacciato alla finestra che catturava ogni nostro momento col suo sguardo, dei cuochi toscani e delle cuoche siciliane, sempre con una buona parola per tutti o una battuta pronta.”

Questa consapevolezza sempre più importante si legge nelle parole di Chiara: “Questo campo mi ha dato molto e nel mio piccolo spero di aver dato anche io qualcosa a tutti i soci della cooperativa che ogni giorno vanno a lavorare su quelle terre. . I racconti di ognuno dei soci ti fanno capire quanto sia difficile continuare, soprattutto dopo aver ricevuto minacce dagli ex proprietari dei terreni confiscati. Ed è splendido sapere dai loro discorsi che la forza per andare avanti la trovano ogni due settimane quando si vedono arrivare 30 e più ragazzi pronti a metterci l’anima per aiutarli. Queste settimane mi hanno fatto capire che se ognuno di noi dedicasse una piccolissima parte del suo tempo al bene comune, la mafia continuerebbe ad esistere ancora per poco. È stata un’esperienza di vita a 360 gradi, che nel suo piccolo ti trasforma. Poi c’è la soddisfazione quotidiana ogni volta che si finisce la raccolta dei pomodori di un intero campo e vedi il camion pieno partire per il laboratorio di trasformazione. Capisci, in quel momento, che il tuo lavoro è stato fondamentale. Gli incontri pomeridiani e le visite ti spingono a voler conoscere tutto quello che c’è stato, prima di tutto per non dimenticare, poi per poter dare una mano concreta a sconfiggere la mafia, e fare in modo che brutti avvenimenti storici non accadano più. Perché dicendolo con le parole di Pino Maniaci: “ai mafiosi di perdere un figlio o un parente non importa. Ma sapete quanto dà loro fastidio quando i giovani vanno sulle loro terre e le calpestano?”

Due settimane sono pochissime nella vita di un ragazzo ma sono sufficienti per creare uno scambio di esperienze e conoscenze , per diventare portavoce delle attività che la cooperativa effettua sui terreni confiscati, per incominciare anche nei propri territori una seria attività di antimafia e di contrasto all’illegalità.