Ci sono voluti vent’anni. Vent’anni di verità negata. Vent’anni perché dei lenzuoli bianchi discendessero dai balconi di via D’Amelio. Così Palermo ricorda Giovanni Falcone per l’anniversario della strage di Capaci. È il 23 maggio 1993, quando 500 kg di tritolo posizionati sull’asfalto fanno saltare in aria il magistrato antimafia con la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Per strada, tra i ragazzi, ricordare è una festa, si canta e si balla, prima del minuto di silenzio alle 17, 58 davanti l’albero di Falcone, simbolo della vita che vince sulla morte. Piove a Palermo. Anzi diluvia. “Anche il cielo piange”, commenta Carmela Sicignano insegnante di Sorrento partita da Napoli su una delle due “Navi della legalità” organizzate per l’evento dal Ministero dell’Istruzione e dalla Fondazione Falcone. Ma sono oltre tremila i giovani arrivati da ogni parte d’Italia. Non li ferma la pioggia. Vivo nelle parole di tutti è il ricordo di Melissa Bassi, la ragazza uccisa nell’attentato di Mesagne. “Se qualcuno pensava di sfidare la commemorazione per la strage di Capaci, sta già avendo la vibrante prova di aver miseramente fallito”, tuona dall’aula bunker il premier Mario Monti. “Siamo qui con speranza più che con paura”, risponde Iacopo D., partito da Bergamo. “Desidero che questa fase storica sia un giro di boa per il nostro paese. E si possa passare a uno stadio successivo nella ricerca della verità per la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”. Ed ecco che in fondo al corteo spicca lo striscione dei ragazzi dell’Istituto G. Gorgi di Brindisi: “Melissa il tuo sorriso arriverà anche agli Angeli”.
“Melissa è viva e ha viaggiato con noi”, ha detto don Luigi Ciotti. “A Brindisi, durante i funerali, per la prima volta nella mia vita ho visto piangere lo Stato. Negli occhi del Presidente della Repubblica e del Consiglio c’era un dolore devastante. Queste morti devono servire a ricordare che c’è bisogno di un mpegno concreto”.
“Abbiamo il dovere di ricordare – ha poi proseguito don Ciotti -. La memoria però deve diventare responsabilità. Gli adulti non devono preoccuparsi per i giovani. Ma occuparsi dei giovani. L’Italia è ai primi posti in Europa per dispersione scolastica, sono due milioni di giovani senza lavoro. Abbiamo bisogno di politiche sociali. La lotta alla mafia si fa a Roma, in Parlamento, con le leggi giuste”.



